by Sergio Segio | 15 Maggio 2013 6:21
Dall’illusione di un’alleanza postelettorale e poi per il Quirinale, accarezzata e abbandonata forzatamente dall’ex segretario Pier Luigi Bersani, il Pd sta passando a una realtà tutta diversa: un grillismo che avverte le difficoltà dei potenziali alleati, e cerca di piegarle a proprio vantaggio inseguendo e carezzando le posizioni più estremiste. Si tratti di pulsioni antieuropee, Imu o razzismo, il M5S è lì. Ritiene di offrire una sponda naturale alla radicalizzazione dello scontro, e la cerca: anche per velare le proprie difficoltà interne.
L’adesione di esponenti grillini alla manifestazione della Fiom di sabato prossimo a Roma va registrata come un passo in questa direzione. E gli attacchi al presidente del Consiglio, Enrico Letta, e alla maggioranza fra Pd e Pdl e lista Monti, sono studiati per aizzare quei settori dei partiti che mostrano insofferenza per il compromesso raggiunto. Grillo scommette sullo sfascio: su un Cavaliere tentato di far saltare il banco di palazzo Chigi subito dopo l’estate, magari sull’onda di un’altra sentenza di condanna a Milano; e sull’implosione di un Pd che prepara un congresso difficile e non riesce a ritrovare un equilibrio e un’identità dopo la vittoria a metà nel voto di fine febbraio. «O ci affermiamo noi», minaccia Grillo, «o ci saranno le barricate. Noi la rabbia la stiamo tenendo. Senza di noi esploderà ».
L’ex comico diventato capo politico già vede se stesso come trionfatore sulle macerie dell’Italia. E fa un po’ impressione quando si definisce, proprio lui, «la protezione civile» chiamata a raccogliere i cocci della nazione. L’euroscetticismo che sta lievitando in molte nazioni europee, dalla Gran Bretagna all’Olanda, all’Austria, all’Ungheria, lo fa sperare. Grillo può sognare un «uno-due» tra eventuali elezioni politiche ed europee in programma nella primavera del 2014. E spera di velare dietro questa offensiva le tensioni emerse negli ultimi giorni nel suo movimento a proposito della diaria dei parlamentari: un pasticcio gestito male e imbarazzante, anche se adesso sostiene che «non c’è mai stato un problema nei 5 Stelle sulle diarie».
Per quanto consuete e perfino stucchevoli nella loro virulenza, le parole del leader del M5S non vanno ignorate né sottovalutate. Possono perfino avvicinarsi alla realtà , se governo e maggioranza si rifiutano di guardare in faccia la crisi e pensano solo ad un voto anticipato. Se il grillismo è il sintomo della delegittimazione dei partiti tradizionali, sarà il loro comportamento ad aggravarlo o circoscriverlo nei prossimi mesi. Quando il neosegretario del Pd, Guglielmo Epifani, chiede di non indebolire l’esecutivo ma di aiutarlo, fotografa questo rischio. Ma non sembra rivolgersi soltanto al centrodestra: parla allo stesso Pd percorso da mille inquietudini e dubbi a causa dell’alleanza con Berlusconi.
Le manovre già cominciate sul dopo-Epifani, la probabile candidatura a segretario dell’ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, oggi al vertice della Compagnia San Paolo, delineano mesi di scontro interno del quale Berlusconi potrebbe volere approfittare. Ma i colloqui avuti ieri da Enrico Letta prima con l’ex presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, poi con l’ex premier Monti, poi con l’ex ministro delle Finanze del Pd, Vincenzo Visco, obbligano a guardare all’Europa. Lasciano capire che le misure in incubazione sulla sospensione della rata Imu e sul rifinanziamento della cassa integrazione sono necessarie per evitare una caduta del governo. Ma lasciano intatto il problema della copertura finanziaria e del debito, che prima o poi si riproporrà : in Italia e fuori.
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