«In due anni Milano è rinata La strada è quella giusta»

Loading

Il fatto che ci sia chi critica le scelte dell’amministrazione, in democrazia è un valore: per quanto mi riguarda sono abituato ad ascoltare, sapendo che poi debbo decidere. Inevitabilmente, come voi avete raccontato anche ieri a proposito di movida e mobilità , ogni decisione scontenta qualcuno. Le critiche sono sempre legittime e spesso anche utili; penso però che bisogna partire dai dati di realtà , non dalle suggestioni momentanee. Chi governa deve farlo nell’interesse generale di una città  complessa nella quale convivono interessi e volontà  diverse, spesso opposte. Purtroppo episodi tragici non sono solo un problema di casa nostra: proprio in questi giorni leggiamo quel che accade a Londra, a Parigi, persino a Stoccolma e in tante città  italiane.
Ho sempre detto che non ho la bacchetta magica e ogni mattina penso con angoscia alle difficoltà  da affrontare in un momento davvero eccezionale; ma la strada sulla quale stiamo portando la città  è quella che avevamo disegnato e abbiamo la consapevolezza che, nelle condizioni date, stiamo facendo il massimo possibile. Milano, anche grazie ai nostri contributi per le start-up e per i giovani, sta resistendo alla crisi meglio di ogni altro luogo del Paese. Per due anni abbiamo salvaguardato i redditi più bassi in ogni modo, abbiamo dato ospitalità  ai senza casa per evitare tragedie nei periodi di grande freddo e, con la fondazione welfare, abbiamo aiutato singoli e imprese. Non abbiamo voluto cedere alle logiche di bilancio e, lo diciamo con forza, se la battaglia affinché rimangano ai comuni gli introiti dell’Imu (che è un’imposta municipale) andrà  a buon fine – e come sarebbe bello che il «Corriere» la appoggiasse – potremmo davvero guardare al futuro con animo tranquillo.
La memoria è labile, ma due anni fa Milano stava perdendo la sua scommessa internazionale, bloccata da litigi e consulenze milionarie. Con pragmatismo, senza steccati ideologici, assumendoci le nostre responsabilità  e facendo le nostre scelte, abbiamo rimesso Expo in carreggiata e ora tutti riconoscono che l’Esposizione Universale sarà  la nostra grande speranza per il futuro. Fra tre anni la città  sarà  più bella: abbiamo sbloccato i lavori della Darsena, tornerà  l’acqua nel cuore di Milano, e abbiamo avviato un cambiamento radicale, coerente con i desideri che hanno espresso i milanesi; abbiamo avviato progetti di formazione e di iniziativa imprenditoriale; abbiamo agito senza indugi per sostenere il lavoro (è il risultato della caparbietà  del Comune se Sea handling è riuscita finora a salvaguardare migliaia di posti di lavoro); abbiamo attivato il piano di interventi per eliminare l’amianto nelle scuole e negli uffici, che c’era anche prima ma altri avevano nascosto la polvere sotto il tappeto.
Molti chiedono quale sia la nostra «visione»: eccola, Milano non sarà  più una città  soffocata dal traffico e dallo smog. Area C ha già  trasformato il centro; il progetto delle piste ciclabili, l’incremento del car-sharing e del bike-sharing, il teleriscaldamento e le energie rinnovabili, il wi-fi ci daranno una città  migliore (ieri, insieme a tanti cittadini, ho pulito i muri imbrattati dallo scempio dei writers). Col nuovo P.G.T. abbiamo messo la città  al sicuro da colate di cemento. Milano sarà  una città  più vivibile e anche più gioiosa; una città  nella quale, e dalla quale, riparte l’economia, che crea nuova occupazione (ogni settimana incontro delegazioni straniere che intendono investire su Milano e sul suo futuro, perché sta ritornando una città  attrattiva). Stiamo realizzando il progetto Smart City, tra le prime Milano sarà  una città  del futuro. Progetti per realizzare i quali ci vuole tempo: ma le basi le abbiamo già  gettate.
Non c’è nessuno stallo. Anche se è vero che una legislazione schizofrenica rende spesso molto complicato realizzare un progetto già  deciso, allungando scandalosamente i tempi (l’avviso pubblico per il nuovo sovrintendente della Scala non è affatto, ad esempio, un escamotage per prendere tempo; è un atto dovuto sulla base del nuovo statuto della Fondazione modificato anche guardando a una maggiore trasparenza e a quanto accade in molti altri grandi teatri, quelli che portiamo ad esempio solo quando ci piace). E a proposito di nomine: forse qualcuno ha già  dimenticato come venivano fatte nelle società  partecipate, dove i C.d.A. erano spesso la camera di compensazione di politici da sistemare o di amici degli amici; noi siamo stati i primi a trasformare in fatti le parole e a mettere in pratica la selezione sulla base del merito. Così come sulla parità  di genere, che ho praticato con convinzione ma senza vincoli di legge, semplicemente guardando avanti. E quando si parla della «casta» mi viene da sorridere: a Milano il sindaco guida da solo la sua auto e gli assessori vengono a Palazzo Marino in bicicletta, in motorino, col metrò.
Siamo consapevoli che ci sono molte difficoltà , ma siamo convinti di essere sulla strada giusta, pur consapevoli delle difficoltà . Coerenti con la nostra impostazione che vuole mettere al primo posto la salvaguardia dei più deboli e che cerca di mettere nell’angolo gli egoismi dei più forti. Testardi nel trovare il modo per amministrare nel nome di una giustizia sociale ma senza debolezze. Fermi, anche di fronte a fatti tragici, nel non lasciarci andare a false promesse, buone solo ad avere applausi facili. Convinti che il nostro compito – che è molto faticoso, mi creda – è quello di aiutare i milanesi a superare questa crisi.
Infine, sulla «solitudine politica»: in qualche misura questo è vero, perché vede, l’elezione del sindaco di Milano è stato il primo atto con il quale gli italiani hanno dimostrato di voler girare pagina. Hanno eletto un uomo che si è presentato solo, non sotto le insegne di un partito; che aveva una solida professione e che crede che fare il sindaco sia un servizio temporaneo; che è riuscito a coagulare intorno a sé uno schieramento molto ampio, molto aperto e molto eterogeneo. L’esercizio di equilibrio per mantenere l’unità  di queste forze, che sono il nostro patrimonio più prezioso, effettivamente, non è facile. Il presidente Napolitano lo aveva intuito: fare il sindaco di Milano, soprattutto in un momento di crisi, mi ha detto, è uno dei compiti più difficili in Italia. Non mi sono scoraggiato, sono andato avanti, facendo ogni giorno scelte anche difficili e assumendomene la responsabilità . Del resto non siamo neppure alla metà … alla fine saranno i cittadini a giudicare.


Related Articles

L’assist dell’ermellino

Loading

Prima l’ha condannato, poi gli ha dato una grossa mano. L’intervista al Mattino di Antonio Esposito, presidente di quel collegio della Cassazione che la settimana scorsa ha chiuso il processo Mediaset-Diritti tv rendendo definitiva la condanna di Berlusconi a quattro anni per frode fiscale, è l’argomento che i sostenitori del cavaliere cercavano per tentare una disperata difesa del destino parlamentare del condannato. O della sua «agibilità politica», com’è altrimenti chiamato l’impossibile salvacondotto.

L’attacco finale… può bastare

Loading

  Foto: Losfogo.netsons.org

Gli attacchi dell’esecutivo verso il secondo, terzo e quarto potere non conosce predenti nella storia Repubblicana. I quattro poteri sono distinti e non sottomessi ad uno. Non lo diciamo noi ma la storia.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment