«Fiat, il trasferimento a Detroit non è all’ordine del giorno»

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MILANO — È diventato un tormentone. Una specie di caccia in cui anche il minimo indizio rappresenta una traccia. Dopo la fusione Fiat-Chrysler il Lingotto si trasferirà  a Detroit? Da Torino hanno sempre smentito di aver già  preso decisioni, ma ieri Bloomberg ha rilanciato la voce riferendo indiscrezioni raccolte da alcuni esperti secondo cui la Fiat starebbe valutando di spostare la sede legale del nuovo gruppo negli Stati Uniti. «L’argomento — ha risposto a stretto giro il Lingotto —, più volte trattato nell’ultimo anno dai media di tutto il mondo, non è all’ordine del giorno come recentemente ha ricordato l’amministratore delegato Sergio Marchionne». «In realtà  â€” ha aggiunto Torino con una punta di ironia — si tratta di una non notizia in quanto la stessa Bloomberg ha sottolineato che “nessuna decisione è stata presa e che altre opzioni sono in corso di esame”».
Quindi non c’è nulla all’ordine del giorno circa la sede della futura società , ma certamente con la fusione che sembra sempre più vicina a Torino qualcosa si muove. La priorità  è sempre l’accordo con Veba, il fondo del sindacato Uaw a cui fa capo il 41,5% di Chrysler su cui la Fiat ha delle opzioni «call». Non dovrebbe tuttavia succedere nulla prima di giugno o luglio, quando arriverà  il verdetto della corte del Delaware sul prezzo del 3,3% della casa Usa di proprietà  di Veba su cui il Lingotto ha già  esercitato l’opzione. I sindacati rivendicano il pagamento del prezzo pieno e hanno chiesto 342 milioni di dollari, contro i 139,7 offerti dalla Fiat secondo gli accordi originari. L’intenzione, da entrambe le parti, sarebbe comunque quella di arrivare a un accordo subito dopo la pronuncia del giudice. E probabilmente Marchionne dovrà  mettere sul piatto qualcosa in più.
Solo dopo l’accordo, secondo quanto ha sempre detto Torino, verranno annunciati i passi successivi. E quello della sede è il principale, nonché il più delicato come si è visto chiaramente ieri dalle reazioni alle indiscrezioni rilanciate dall’agenzia americana. A cominciare dall’allarme della Fiom che nelle voci rimbalzate dagli Usa ci ha letto la «conferma di notizie oggettive: il gruppo Fiat si sta delocalizzando» e quindi ha chiesto al governo «di convocare urgentemente un tavolo per affrontare la crisi che sta coinvolgendo tutto l’automotive a partire dalla Fiat». «Fondamentale è che in Italia restino almeno le braccia cioè gli stabilimenti e quindi i lavoratori» ha commentato invece il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella.
Il peso raggiunto da Chrysler nel bilancio del Lingotto e l’effetto che ha avuto sul valore di Borsa del gruppo torinese, tornato stabilmente a quotare sopra i 5 euro, non sarebbero però indizi sufficienti a confermare l’intenzione di spostare la sede di Fiat- Chrysler a Detroit. E nemmeno il fatto che ormai Marchionne passi quasi tutto il tempo dall’altra parte dell’Oceano. Guardando al precedente di Fiat Industrial e Cnh, destinate alla fusione, la sede legale non è stata eletta nè in Italia nè negli Usa bensì in Olanda. Dove verrà  mantenuta dopo l’integrazione. Lo stesso vale per la quotazione del titolo, che resterà  a Wall Street, anche se è possibile che dopo la fusione il nuovo gruppo cambi nomi mantenendo i diversi marchi per i prodotti. Uno schema che potrebbe essere replicato per Fiat-Chrysler, incluso il cambio del nome.
Federico De Rosa


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