Legge sul taglio del finanziamento Donazioni mai anonime e con un tetto

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ROMA — Mai donazioni anonime, e un tetto preciso per le cifre da versare: è questa la strada che sta studiando il governo per definire il disegno di legge sul finanziamento pubblico ai partiti, dopo l’intesa trovata venerdì. Le donazioni dei privati dovranno dunque essere sempre identificabili con chiarezza, semplici da effettuare, e non potranno superare una cifra prestabilita, che dovrebbe oscillare tra i 5 mila e i 10 mila euro. I contributi in denaro dovranno sottostare anche a un secondo limite: quello del numero di donazioni che si potranno effettuare nel corso di un anno. Il tutto nell’ottica di evitare che grandi gruppi imprenditoriali o, peggio, i poteri illegali, possano assumere il controllo dei partiti attraverso corposi versamenti. Come anticipato, il governo guidato da Enrico Letta è pronto anche a presentare un decreto legge nel caso il provvedimento si incagli in Parlamento: eventualità  da non escludere considerati gli scetticismi delle ultime ore. Beppe Grillo e il pidiellino Fabrizio Cicchitto confermano le loro perplessità . Nel Pd tiepidi Massimo D’Alema, che si dichiara pronto a «valutare» la proposta del governo, e Piero Fassino, che invita a considerare che «la politica costa».
Ma c’è un altro fronte su cui il governo sta lavorando senza sosta: è quello delle riforme costituzionali. In vista di mercoledì, quando i gruppi parlamentari dovranno presentare una mozione unitaria alle Camere, il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello e quello per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini stanno sentendo i partiti per raggiungere un’intesa. Lunedì ci saranno gli incontri ufficiali con l’opposizione (Sel, Lega nord, Fli e Movimento 5 Stelle), martedì sarà  la volta della maggioranza (Pd e Pdl). «L’auspicio è che la mozione possa essere presentata anche a nome delle opposizioni», spiega Quagliariello, che elenca i punti cardine da affrontare: la forma di governo (il Pdl vorrebbe un semipresidenzialismo alla francese, il Pd potrebbe prenderlo in considerazione anche se finora ha ufficialmente approvato solo il premierato rafforzato); la forma di Stato, quindi anche la riforma del titolo V con l’attribuzione delle competenze a Stato e Regioni; la riduzione dei parlamentari; il Bicameralismo; i regolamenti parlamentari; «e solo infine la legge elettorale, che dovrà  essere scelta in base al sistema di governo», chiarisce Quagliariello. Ma non esclude la «messa in sicurezza dell’attuale legge, che è un’altra cosa»: si riferisce alla modifica del «Porcellum», che il Pdl vorrebbe modificare entro l’estate, con un premio di maggioranza portato al 35 o al 40%, per anticipare la sentenza-bocciatura della Corte costituzionale prevista in autunno. Dopo che ieri Enrico Letta ha definito il «Porcellum il male assoluto», l’idea della mini-modifica sembra evaporare. Con il sollievo del Pd, che sostiene un ritorno al Mattarellum. La mozione in ogni caso dovrebbe contenere solo «aspetti tecnici e procedurali» sul percorso delle riforme, come spiega Anna Finocchiaro (Pd). «E meno male — puntualizza il collega Beppe Fioroni — Perché su temi caldi come questi bisognerà  sentire anche la base». La mozione disegnerà  un percorso in più tappe, che dovrebbe concludersi entro un paio di anni. La commissione unica, composta da 20 senatori e 20 deputati scelti in proporzione ai voti ottenuti dai partiti, e presieduta dai presidenti delle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato, dovrà  mettere a punto i disegni di legge di riforma da sottoporre all’approvazione del Parlamento e poi del referendum. Un comitato di consulenti esterni del governo, teorici e pratici del diritto, stilerà  una relazione senza valore vincolante. E una consultazione popolare online coinvolgerà  i cittadini.


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