by Sergio Segio | 21 Maggio 2013 6:24
ROMA — Per il governo è una mina da disinnescare subito, prima ancora che piombi sul tavolo della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato. L’organismo che ha il potere di decidere il futuro politico di ogni singolo eletto si riunirà alle 14 per la prima volta e all’ordine del giorno c’è l’elezione del presidente. La scelta fa litigare i partiti e si incrocia con un’altra, ben più delicata faccenda: la mozione per l’ineleggibilità del senatore Silvio Berlusconi annunciata con gran clamore dal M5S.
Beppe Grillo ha promesso di mangiarsi il cappello se il «Pdmenoelle» voterà sì. E il problema, per la tenuta dell’esecutivo, è che alcuni democratici sarebbero pronti a votare con i grillini. In Parlamento c’è chi accredita il «pressing» di Palazzo Chigi sul segretario del Pd perché i senatori non facciano scherzi, ma il ministro Dario Franceschini smentisce: «È materia di esclusiva competenza parlamentare». Così la pensa anche il segretario Guglielmo Epifani, il quale ha lasciato ai senatori libertà di «fare le proprie valutazioni».
La storia è antica e ha origine nella legge 361 del 1957, in base alla quale i beneficiari di concessioni pubbliche (come quelle televisive) sono ineleggibili. Per capire come potrebbe finire bisogna far di conto e sondare gli umori dei commissari. L’organismo è formato da 23 membri e quel che preoccupa fronte berlusconiano e governo è che, sulla carta, M5S, Pd e Sel hanno la maggioranza: 13 voti. L’incognita è come voterà il Pd, diviso sul da farsi. Negli anni, per cinque volte, alla Camera il centrosinistra ha respinto ogni richiesta di ineleggibilità del Cavaliere e l’orientamento contrario alla mozione sembra prevalere anche stavolta. Ma il voto è segreto e i 101 franchi tiratori che hanno impallinato Prodi sono un precedente che non si può trascurare. I grillini sono determinati a provarci e quel che li fa infuriare è l’intesa che si sta saldando sulla scelta del presidente, che spetta alle opposizioni. I Cinquestelle, come anche Sel, puntano allo scranno più alto, ma il favorito è il leghista Raffaele Volpi. Un nome gradito al Pdl, che potrebbe ottenere voti anche dal Pd.
«Se danno la presidenza alla finta opposizione la mozione sull’ineleggibilità non ha futuro — teme il candidato grillino Mario Giarrusso, che sospetta “pressioni del Quirinale” —. Si creerebbe un precedente micidiale, perché tutto dipende dal presidente…». Se i grillini ci tengono tanto è perché sarà il presidente a decidere quando calendarizzare la mozione contro Berlusconi. «Un conto è portarlo in Giunta tra un mese, altra cosa è aspettare un anno», rivela l’arcano Giarrusso. Sul sito di Grillo l’ideologo Paolo Becchi prevede una «santabarbara delle larghe intese». Nel Pd tendono a sdrammatizzare, ma il Pdl non vuole rischiare: Renato Schifani ha detto chiaramente che se i democratici dovessero votare coi Cinque Stelle cadrebbe il governo. «Combattere Berlusconi a colpi di regolamento è una sciocchezza, il Pd dovrebbe sfilarsi dalla trappola con uno strattone energico» è il consiglio che l’ex presidente della Giunta, Marco Follini, offre ai democratici. Gli otto del Pd sono tormentati dai dubbi. Per Felice Casson i precedenti contano poco. «Non possiamo escludere nulla» è la posizione di Doris Lo Moro, ex magistrato che ritiene Berlusconi incompatibile: «Se mi convincessi che per vent’anni abbiamo sbagliato nascerebbe un problema politico grande come una casa, ma non lo ignorerei». Claudio Moscardelli propende per il no: «Votare l’ineleggibilità dopo vent’anni mi parrebbe singolare». Rosanna Filippin invita a ragionare «con le carte sul tavolo» e rassicura Letta sulla tenuta del governo: «I suoi problemi non vengono dalla Giunta, ma dalle necessità degli italiani».
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