«Cavaliere ineleggibile» La mozione dei 5 Stelle minaccia anche il governo
ROMA — Per il governo è una mina da disinnescare subito, prima ancora che piombi sul tavolo della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato. L’organismo che ha il potere di decidere il futuro politico di ogni singolo eletto si riunirà alle 14 per la prima volta e all’ordine del giorno c’è l’elezione del presidente. La scelta fa litigare i partiti e si incrocia con un’altra, ben più delicata faccenda: la mozione per l’ineleggibilità del senatore Silvio Berlusconi annunciata con gran clamore dal M5S.
Beppe Grillo ha promesso di mangiarsi il cappello se il «Pdmenoelle» voterà sì. E il problema, per la tenuta dell’esecutivo, è che alcuni democratici sarebbero pronti a votare con i grillini. In Parlamento c’è chi accredita il «pressing» di Palazzo Chigi sul segretario del Pd perché i senatori non facciano scherzi, ma il ministro Dario Franceschini smentisce: «È materia di esclusiva competenza parlamentare». Così la pensa anche il segretario Guglielmo Epifani, il quale ha lasciato ai senatori libertà di «fare le proprie valutazioni».
La storia è antica e ha origine nella legge 361 del 1957, in base alla quale i beneficiari di concessioni pubbliche (come quelle televisive) sono ineleggibili. Per capire come potrebbe finire bisogna far di conto e sondare gli umori dei commissari. L’organismo è formato da 23 membri e quel che preoccupa fronte berlusconiano e governo è che, sulla carta, M5S, Pd e Sel hanno la maggioranza: 13 voti. L’incognita è come voterà il Pd, diviso sul da farsi. Negli anni, per cinque volte, alla Camera il centrosinistra ha respinto ogni richiesta di ineleggibilità del Cavaliere e l’orientamento contrario alla mozione sembra prevalere anche stavolta. Ma il voto è segreto e i 101 franchi tiratori che hanno impallinato Prodi sono un precedente che non si può trascurare. I grillini sono determinati a provarci e quel che li fa infuriare è l’intesa che si sta saldando sulla scelta del presidente, che spetta alle opposizioni. I Cinquestelle, come anche Sel, puntano allo scranno più alto, ma il favorito è il leghista Raffaele Volpi. Un nome gradito al Pdl, che potrebbe ottenere voti anche dal Pd.
«Se danno la presidenza alla finta opposizione la mozione sull’ineleggibilità non ha futuro — teme il candidato grillino Mario Giarrusso, che sospetta “pressioni del Quirinale” —. Si creerebbe un precedente micidiale, perché tutto dipende dal presidente…». Se i grillini ci tengono tanto è perché sarà il presidente a decidere quando calendarizzare la mozione contro Berlusconi. «Un conto è portarlo in Giunta tra un mese, altra cosa è aspettare un anno», rivela l’arcano Giarrusso. Sul sito di Grillo l’ideologo Paolo Becchi prevede una «santabarbara delle larghe intese». Nel Pd tendono a sdrammatizzare, ma il Pdl non vuole rischiare: Renato Schifani ha detto chiaramente che se i democratici dovessero votare coi Cinque Stelle cadrebbe il governo. «Combattere Berlusconi a colpi di regolamento è una sciocchezza, il Pd dovrebbe sfilarsi dalla trappola con uno strattone energico» è il consiglio che l’ex presidente della Giunta, Marco Follini, offre ai democratici. Gli otto del Pd sono tormentati dai dubbi. Per Felice Casson i precedenti contano poco. «Non possiamo escludere nulla» è la posizione di Doris Lo Moro, ex magistrato che ritiene Berlusconi incompatibile: «Se mi convincessi che per vent’anni abbiamo sbagliato nascerebbe un problema politico grande come una casa, ma non lo ignorerei». Claudio Moscardelli propende per il no: «Votare l’ineleggibilità dopo vent’anni mi parrebbe singolare». Rosanna Filippin invita a ragionare «con le carte sul tavolo» e rassicura Letta sulla tenuta del governo: «I suoi problemi non vengono dalla Giunta, ma dalle necessità degli italiani».
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IL PROFESSORE SOTTO ASSEDIO
«I governi migliori, più innovatori, sono quelli terremotati», rise anni fa Fausto Bertinotti in faccia a chi era impensierito per il bradisismo rifondarolo intorno al governo Prodi che sarebbe stato poi abbattuto. Aveva accanto, allora, Nichi Vendola. Che nella scia dell’antico leader ha ieri messo le mani avanti sentenziando: «L’ipotesi di un ticket Monti-Bersani è spaventosa».