L’aumento Iva più vicino Il governo cerca 2 miliardi

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ROMA — Il governo non sa dove scovare i due miliardi che servono per scongiurare la «stangata» dell’Iva. E così il sospirato decreto per bloccare lo scatto dell’imposta sui consumi il primo luglio è destinato a restare nel freezer di Palazzo Chigi in attesa di un miracolo che, per ora, il governo non è in grado di compiere. Al presidente del Consiglio piacerebbe poter annunciare il contrario, ma al momento Enrico Letta può solo registrare l’incombenza della tassa. «L’aumento c’è», conferma il premier, ma al tempo stesso prova a tranquillizzare gli italiani sul fatto che il suo governo continuerà  a cercare le risorse per ridurre le tasse. «Bisogna trovare i soldi per evitare che l’Iva aumenti — ragiona il premier —. Cosa che sarebbe utile, ma che è anche molto difficile. Ci proveremo».
Letta deve muoversi con prudenza estrema, anche per non offrire alla Commissione europea l’immagine di un Paese cicala, che non riesce a mantenere i suoi impegni sui saldi di bilancio. Di concerto con il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, il capo del governo sta cercando di risolvere il puzzle delle coperture ma le risorse scarseggiano e la questione Iva rischia di innescare un altro braccio di ferro dentro la maggioranza «di servizio».
Per il capo dell’esecutivo — che si mostra «fiducioso» sui due importanti appuntamenti della settimana, il suo primo vertice Ue e il debutto delle riforme istituzionali — la priorità  è aggredire il dramma della disoccupazione giovanile, un tema che Letta ha messo in cima all’agenda in vista del Consiglio europeo di fine giugno, sul quale ha puntato molte delle sue fiches. Ma il Pdl è pronto a impugnare l’imposta sul valore aggiunto, sperando di incassare lo stop a luglio per poter sventolare un’altra bandierina.
Il premier ha fiutato l’aria e ha cominciato a lanciare ammonimenti preventivi al centrodestra, dicendo in sostanza che Berlusconi non può rivendicare il rinvio dell’Imu come una sua vittoria e spazzando via il sospetto che l’azione del governo sia sbilanciata a favore del Pdl. Ma se entro un mese non si troverà  una soluzione, sull’Iva si rischia un’altra battaglia dentro la maggioranza.
Lo fa capire il capogruppo alla Camera Renato Brunetta, quando ricorda che «impedire l’aumento dal 21 al 22 per cento è un impegno programmatico sul quale Letta ha ricevuto la fiducia». E il premier, avverte, «non può aver cambiato programma». La nuova grana potrebbe fare capolino già  mercoledì, quando Dario Franceschini riunirà  la cabina di regia con i capigruppo per parlare di riforme costituzionali, presente il capo del governo. «Perché tanto nervosismo? Noi stiamo al programma di Letta, che non è il nostro, avendolo scritto lui — insiste Brunetta — Non stiamo chiedendo nulla… Letta, se crede, ci spiegherà  che si è sbagliato». Visto da Palazzo Chigi, il gioco del Pdl è sempre lo stesso. Alzare i toni minacciando fuoco e fiamme e poi cercare una mediazione. Se dalla borsa di Saccomanni non spunteranno fuori i soldi, magari grazie a qualche concessione dell’Europa, il Pdl dovrà  aprire a un compromesso. «Il problema finanziario esiste — conferma il sottosegretario Paolo Baretta, Pd — Il punto è capire se sia più urgente evitare l’aumento dell’Iva o ridurre la tassazione alle imprese per favorire l’assunzione dei giovani». Enrico Letta lo ha detto chiaramente che in cima alla sua agenda c’è il lavoro, con il traguardo di centomila nuovi posti per i giovani. «E infatti — conferma la priorità  Baretta — il dibattito sulle coperture non è nemmeno cominciato… Il Pdl non può sventolare una bandiera al giorno, ci vuole un quadro condiviso per decidere insieme le priorità ».
Mercoledì inizierà  il confronto tra governo e parti sociali e Palazzo Chigi conta sul confronto per spostare la bilancia a favore dei giovani senza impiego. Un impegno che il premier ha assunto solennemente anche davanti all’Europa, rinsaldando l’asse con il francese Hollande e lo spagnolo Rajoy in vista del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno. Intanto commercianti e consumatori lanciano l’allarme. Per l’Ufficio studi di Confcommercio l’aumento al 22 per cento di una aliquota che impatta sul 70 per cento dei consumi totali «comporterebbe per le famiglie una stangata da 135 euro l’anno». Per Adusbef e Federconsumatori l’impatto medio sui bilanci familiari sarebbe ancora più brusco: 207 euro in più all’anno.
Monica Guerzoni


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