L’assedio ai ministri e le risorse (che mancano)
ROMA — Il problema è sempre e solo uno: le risorse. Da venerdì scorso, quando il Consiglio dei ministri si riunì per varare il decreto sull’Imu e la cassa integrazione in deroga per poi rinviare tutto di una settimana, al ministero dell’Economia si è lavorato sodo per cercare di allargare le maglie del decreto. Ma il risultato non è cambiato: non ci sono soldi né per estendere la sospensione dell’Imu ai capannoni industriali e ai negozi, né per finanziare la cassa integrazione in deroga fino alla fine dell’anno. Perciò si è ritornati al punto di partenza. E sarà così, almeno fino a quando, il prossimo 29 maggio, l’Italia non sarà uscita dalla procedura d’infrazione europea, ricavando maggiori margini di manovra.
Per la sospensione dell’Imu sulle prime case si è ricorsi a un semplice «anticipo di tesoreria per i Comuni, di circa due miliardi di euro» ha spiegato il sottosegretario all’Economia, Alberto Giorgetti. Solo un anticipo, dunque. Il differimento temporale dell’imposta a settembre o a ottobre serve proprio ad agire a saldi invariati e mantenere in equilibrio conti: «Siamo consapevoli che la quota va sostituita» ma «non è giusto determinare particolari aspettative» ha chiarito Giorgetti. Insomma il grosso delle risorse si dovrà trovare nei prossimi «cento giorni», quando sarà ridisegnata la struttura dell’imposta.
Dal Pdl si tiene alta la guardia: qualcuno, ad esempio, fa notare che l’idea di ridisegnare l’Imu insieme con la Tares, la tassa rifiuti, creando una nuova imposta è sbagliata: «Se si cancella una forma d’imposizione, bisogna farlo davvero. Crearne una nuova non produce l’effetto di ripresa della domanda interna che è il nostro obiettivo principale per produrre la ripresa». L’unica concessione da parte del Pdl sulla cancellazione dell’Imu sulla prima casa la fa Renato Brunetta, quando ammette che questa potrebbe saltare del tutto o «solo» all’80-90%, visto che si tratta di un governo di compromesso. Ma poi c’è la promessa di intervenire anche sui capannoni industriali e allora il conto sale.
Schema sostanzialmente simile per le risorse da dedicare al rifinanziamento della cassa integrazione in deroga: per ora ci si limita a fare il minimo indispensabile. Lo dice con estrema chiarezza lo stesso ministro del Lavoro, Enrico Giovannini: si fronteggia l’emergenza e poi si procederà a una riforma complessiva. Ma anche qui la richiesta dei sindacati era stata chiara: coprire con un miliardo e mezzo le necessità fino alla fine dell’anno. Invece i 700-800 milioni che il ministero di Fabrizio Saccomanni sarebbe riuscito a rintracciare potranno bastare per i prossimi 3-4 mesi. Le risorse verranno in parte dai fondi europei, in parte da quelli della formazione e infine anche da quelli della decontribuzione di secondo livello e dai tagli selettivi sui ministeri. E pazienza se la Cgil aveva già posto il veto all’ipotesi che si adoperassero per le esigenze del mondo del lavoro, soldi derivanti da altri capitoli di spesa dedicati allo stesso settore.
Le difficoltà nel reperire risorse per rifinanziare la Cig hanno rischiato di produrre un nuovo rinvio del decreto, tanto che fino a ieri sera solo 250 milioni erano certi e a prova di accordo politico. L’incontro serale tra Saccomanni e Giovannini in serata doveva servire proprio a fare il punto e a recuperare le risorse disponibili.
Nel decreto del Consiglio dei ministri di oggi ci sarà anche il taglio degli stipendi dei ministri parlamentari: un gesto simbolico. Ma potrebbero trovare posto anche alcune norme in grado di «migliorare il monitoraggio» degli ammortizzatori sociali e una risposta «per cercare di capire meglio le dinamiche» sulla cassa integrazione. Successivamente l’esecutivo elaborerà una proposta di revisione del sistema degli ammortizzatori sociali più complessiva. Infine il decreto legge dovrebbe contenere anche delle linee guida programmatiche per la riforma completa del sistema di imposizione sulla casa e di fiscalità locale, in particolare la Tares, da realizzare entro agosto.
Antonella Baccaro
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