La strategia del paracadute

by Sergio Segio | 21 Maggio 2013 7:52

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IL PREMIER e il sindaco hanno stretto un patto la scorsa settimana «per un esecutivo che duri fino al 2014, anche fino al 2015» visto che nel secondo semestre del prossimo anno l’Italia assumerà  la presidenza di turno dell’Unione europea. Ma Renzi, nonostante la solenne promessa di essere leale e i proclami sull’antica amicizia che lo lega a “Enrico”, non darà  tregua alla maggioranza delle larghe intese, impegnandosi in una campagna elettorale permanente, che specchiandosi in quella del Cavaliere, si basa sulle oscillazioni giornaliere dei sondaggi. «Il governo può durare fino a ottobre o tre anni. Non mi preoccupo — assicura il sindaco —. Un modo per stare al centro della scena lo trovo lo stesso».
Letta ha sposato le parole del neosegretario del Pd sull’Imu. «Non è un regalo a nessuno, è un regalo al buon senso», ha detto Epifani. «Non c’è nulla da aggiungere, è perfetta», ha commentato il premier. È quindi una risposta secca a Renzi e al tentativo ormai scoperto di schiacciare il presidente del Consiglio sull’inciucio. Che significa, in parole povere: non è un candidato premier adeguato alla futura battaglia elettorale. «Ma non volevo replicare a Renzi — precisa il leader democratico —. Sono abituato a ragionare sui dati di fatto. Quando arriverà  in Parlamento la riforma complessiva della tassazione sulla casa, darò un giudizio compiuto. Nessuno sa come verrà  risolta la questione, nemmeno Renzi. Magari si finisce per tassare le case di lusso, come vuole il Pd. Non sarebbe un cambiale pagata a Berlusconi così». A chi gli chiedeva “hai visto le dichiarazioni di Renzi?” Letta ha risposto: «Va tutto bene. Davvero, nessun problema ». Epifani parla del «carattere di Matteo, un po’ irruente». Anche Letta parla di «sfumature caratteriali ». Ma la corda è tesa. La verità  è che ogni mossa del sindaco viene studiata a tavolino, a prescindere dalla sua impulsività .
Il ragionamento di Renzi è abbastanza semplice e non sembra un buon viatico per la durata del governo: «Se sbaglia Enrico, non per colpa sua perché è bravissimo, ma per colpa del contesto, per colpa di Berlusconi, ci vuole un paracadute». Il paracadute è lui «e per salvare qualcosa io devo essere me stesso. Se faccio l’allineato, non servo a nessuno. Qui bisogna ricostruire da zero il Pd. E trovare un candidato premier che sia vincente».
Letta per ora guarda a distanza le manovre del sindaco, fedele al principio che i membri dell’esecutivo devono occuparsi dei problemi del Paese lasciando perdere la politica del giorno per giorno. Ieri il premier era felice per l’intervista del ministro Josefa Idem al Tg3. Nessuna replica agli insulti di Grillo, massima concentrazione sulle politiche del suo dicastero. «Questa è la strada», ha detto.
Renzi non perdona niente al Pd che vuole rivoluzionare. E qui c’è Epifani a fare da argine. Ma non fa sconti neanche al governo. Lo vede scivolare nei sondaggi mentre la sua figura è stabile al vertice delle popolarità  personale. Deve distinguersi e continuerà  a farlo. «Io però voglio rimanere fuori dalla dinamica degli scontri, a maggior ragione da quelli interni al Pd — spiega Letta —. La regola è: più centralità  all’azione di governo, restare fuori dai dibattiti e dalle polemiche». Tanto più in queste settimane che vedono l’esecutivo impegnato a reperire risorse, ad attendere la fine della procedura europea d’infrazione (fine mese), a sbloccare fondi per il lavoro e per evitare, in extremis, l’aumento dell’Iva.
In questo senso, al di là  del fair play di facciata, la partita tra Renzi e Letta appare come una finale tiratissima. Il primo cerca di costruire la sua leadership mattone per mattone dentro al Pd (che lo ha tradito alle ultime primarie) e fuori. Le sue trasferte sul territorio sono molto frequenti. Anche per quest’ultima settimana di campagna delle amministrative, l’agenda del sindaco è strapiena. Quando si tornerà  alla fisiologia del confronto tra destra e sinistra, Renzi vuole essere sicuro di avere le truppe interne dalla sua parte. Il secondo deve far funzionare il governo, mandare avanti i provvedimenti, mantenere le promesse fondamentali del suo discorso programmatico, soprattutto sbloccando posti di lavoro e aiutando la crescita. Sperando di incrociare una ripresa economica più generale in corso d’opera. I due giocatori, secondo questo schema, dovrebbero sfidarsi più avanti. Ma Renzi morde il freno e rimprovera a Letta lo stesso difetto che rimproverava a Bersani: la mancanza di coraggio. «Se Enrico non assesta una bella spallata su qualche tema, la sua strada è in salita».

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