La riserva europea di 31 miliardi Una corsa a ostacoli per spenderli

by Sergio Segio | 22 Maggio 2013 7:00

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Per l’Italia i due fondi europei Fse (Fondo sociale europeo) e Fers (Fondo europeo di sviluppo regionale) mettono a disposizione uno stanziamento complessivo di 49,5 miliardi per il periodo 2007-2013, di cui 27,9 a carico dell’Unione europea e il resto (21,6 miliardi) di fondi nazionali.
Queste risorse, spiegano al ministero per la Coesione territoriale guidato da Carlo Trigilia, devono essere assegnate entro il 2013 e spese entro il 31 dicembre 2015 altrimenti si perdono. Ma Bruxelles fa un monitoraggio annuale della spesa e se non si rispetta la tabella di marcia prevista i soldi si possono perdere anche prima. L’Italia, questa volta, assicurano al ministero, anche grazie alle due riprogrammazioni compiute dal precedente ministro, Fabrizio Barca, che hanno riallocato risorse per un totale di 6,4 miliardi, sta rispettando gli obiettivi ed anzi è in leggero vantaggio. Ma non si può assolutamente abbassare la guardia, soprattutto sul fronte dei programmi regionali.
«Com’è noto — ha detto ieri Trigilia intervistato da Sky tg24 — uno dei problemi strutturali del nostro Paese è l’incapacità  di utilizzare i fondi regionali europei. Il mio predecessore, con uno sforzo notevole, è riuscito a portare la quota della spesa dal 15 al 37%. Ma restano ancora circa 31 miliardi da spendere e il tempo è ormai strettissimo: pochi mesi alla fine del ciclo e due anni e mezzo per la certificazione delle spese. Si tratta di una somma importante che non ci si può permettere di perdere nelle condizioni nelle quali si trova la finanza pubblica. Bisogna trovare nuove strade». Il ministro sta lavorando per indirizzare le risorse sull’occupazione giovanile, «una vera emergenza nazionale». Trigilia punta anche «a garantire un sostegno ad altri soggetti svantaggiati, come per esempio i precari della pubblica amministrazione e i gruppi sociali in situazione di reale povertà . Occorre inoltre stimolare le economie locali con misure rapide e incisive a favore delle imprese».
Al 31 dicembre 2012 la spesa certificata a Bruxelles era pari a quasi 9,7 miliardi, il 34,6% del contributo dell’Ue, rispetto a un obiettivo del 32,2% che doveva essere conseguito. Considerando anche i cofinanziamenti nazionali si arrivava a 18,3 miliardi. Alla fine di maggio ci sarà  un nuovo monitoraggio. Secondo le ultime stime informali risalenti a qualche settimana fa, la spesa certificata per i fondi comunitari 2007-2013 comprensiva del cofinanziamento nazionale si avvicina al 40% delle risorse complessive, circa 18,5 miliardi. In due anni e mezzo, quelli che mancano alla fine del 2015, dovrà  essere speso, tra fondi europei e nazionali il restante 60%, cioè circa 31 miliardi di euro.
La ripartizione per aree di intervento dei 27,9 miliardi di euro di fondi europei assegnati all’Italia (ai quali vanno appunto aggiunti 21,6 miliardi di fondi nazionali) dà  un’idea del vasto campo di intervento a disposizione: circa 1,9 miliardi sono destinati al settore dell’energia; 2 miliardi e mezzo alla tutela dell’ambiente e alla prevenzione dei rischi; 2,3 miliardi al «miglioramento dell’accesso all’occupazione»; quasi tre miliardi a sostegno di interventi per il capitale umano; 557 milioni all’integrazione sociale; più di un miliardo al «miglioramento dell’adattabilità  dei lavoratori e delle imprese»; più di un miliardo e mezzo alla «società  dell’informazione»; un miliardo per le infrastrutture sociali; ben 6 miliardi per la ricerca, lo sviluppo tecnologico, l’innovazione e l’imprenditorialità ; 775 milioni per la cultura; altri 711 milioni per il turismo; quasi 4 miliardi per i trasporti; 1,3 miliardi per la «rinascita urbana e lo sviluppo rurale».
Scorrendo queste voci è facile osservare come per interventi che hanno direttamente a che fare con l’occupazione ci siano almeno 6 miliardi di euro di fondi europei e altrettanti per la ricerca e la promozione d’impresa, senza contare che anche i fondi per le retri infrastrutturali sono un volano per la creazione di posti di lavoro. Si tratta quindi di risorse che non solo dovrebbero essere utilizzate fino all’ultimo centesimo, ma soprattutto in maniera più efficiente.

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