La cosa giusta con Rodotà 

by Sergio Segio | 8 Maggio 2013 7:25

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Una manifestazione in piazza Santi Apostoli – quella che all’inizio fu di Prodi e alla fine è diventata di Grillo -, organizzata da Sel ma affollata dalle tante anime del no al governissimo: Stefano Rodotà , Gad Lerner, Concita De Gregorio, per dire dei volti noti, in mezzo agli esodati, le partite Iva, gli italiani ‘di seconda generazione’.
Sabato pomeriggio a Roma, mentre dall’altra parte della città  i democratici riuniti in assemblea cercheranno di darsi un leader, Nichi Vendola terrà  a battesimo la sua «cosa giusta», con tutti i significati che potrà  avere. «Dopo la sconfitta ci siamo ritrovati, letteralmente dalla sera al mattino, senza quel grande soggetto unitario a cui avevamo lavorato. Lo scollamento fra il Pd e la sua gente non è un problema che non ci riguardi. Noi intanto, facciamo una ‘cosa’, una cosa chiara», spiega Francesco Ferrara, capo dell’organizzazione di Sel e deputato oggi all’opposizione.
Volete raccogliere gli scontenti del Pd?
Non vogliamo lucrare sulle difficoltà  di quel partito. E abbiamo sempre detto che non ci interessa un partito ma la partita. Ma appena abbiamo lanciato l’idea dell’appuntamento abbiamo avuto segnali positivi, non solo dai nostri ma da un popolo più largo. Vogliamo dire che la sinistra c’è e che abbiamo fatto la cosa giusta, quello che il popolo del centrosinistra chiedeva. Tutti insieme abbiamo fatto un’operazione di grande rilievo sulle presidenze di camera e senato, pensavamo di proseguire per quella strada sulla presidenza della Repubblica, e poi verso il governo di cambiamento. Il Pd ha cambiato strada. Attenzione, non si tratta solo della richiesta di cambiamento e rinnovamento delle classi dirigenti, ma di discontinuità  con le politiche che hanno prodotto la crisi. E il governo Letta stando ad oggi è in netta continuità .
L’ipotesi di governo di cambiamento è fallita.
Perché il Pd sul Quirinale ha scelto la strada delle grandi intese. Vede, fra noi e il Pd continua a circolare un equivoco: al di là  della buona fede di Bersani, al quale siamo stati leali fino all’ultimo – noi, non tutto il suo partito – lui stesso deve convenire che un bel giorno Marini va in tv e dice apertamente che si va verso un governo appoggiato dal Pdl. Noi semplicemente abbiamo preso atto che il Pd ha lasciato la strada del cambiamento.
Sulla strada del cambiamento siete soli e pressati dall’attivismo a 5 stelle.
Noi di Sel sappiamo di essere una ‘cosa’ e abbiamo il senso delle proporzioni. Siamo consapevoli di non essere affatto autosufficienti. Ma non ci arrendiamo. Siamo pronti a costruire con tutti quelli che vogliono una sinistra riformista e di governo.
Avete invitato anche gli ‘ex’ di Rivoluzione civile?
Non ci interessano le operazioni politicistiche. Quando pensiamo a una ricostruzione, non pensiamo ai ceti politici ma ai soggetti in carne ed ossa. Facciamo appello alla sinistra che crede che il governo sia un tema all’ordine del giorno, nel solco del socialismo europeo. Non c’è nessun veto, ma una precisa posizione politica.
Crede che le strade di Sel e del Pd si riuniranno?
Voglio ricordare una vicenda del passato. Quando nel ’98 la sinistra fece lo strappo con il governo Prodi (il Prc bertinottiano andò all’opposizione, la componente di Cossutta ruppe e appoggiò il governo di centrosinistra, ndr), nelle amministrazioni continuò il lavoro unitario. Così facciamo oggi dove governiamo insieme: così è successo nel Lazio e nel Friuli, e per le prossime amministrative. La politica nazionale oggi ci divide, ma siamo consapevoli che senza il Pd è difficile costruire un grande soggetto popolare. Non ci arrendiamo. Non chiudiamo il dialogo. Cercheremo di convincerli che hanno fatto la cosa sbagliata.
Cosa vi aspettate dal prossimo segretario Pd?
Rispettiamo il loro dibattito interno. Naturalmente speriamo in un nuovo gruppo dirigente che si ravveda rispetto alla scelta del governissimo.
E dal presidente Letta?
Letta alle camere ha fatto un discorso per molti aspetti condivisibile. Ma era lo stesso con il quale abbiamo lavorato per mesi al progetto comune del cambiamento. Colpisce che il suo impianto, che fino a un minuto prima prevedeva una rottura con le politiche liberiste che hanno portato alla crisi, è stato sostituito con un impianto nuovo. Come avrebbe fatto la Dc di Andreotti. Letta ha reso ‘asociale’ il suo discorso, ha parlato di crisi come se la crisi fosse un fatto oggettivo, non la conseguenza di una politica sbagliata. O come se le ‘politiche’ per uscire dalla crisi non fossero conseguenza della ‘politica’.
Riproporrete le leggi nel programma della vecchia coalizione, cercando i voti del Pd in parlamento?
Stiamo all’opposizione, ma non faremo solo testimonianza, vogliamo portare a casa i risultati. Proveremo a convincere tutto il parlamento: su matrimoni gay, esodati e sulle tante emergenze del paese. Molti di questi temi li avevamo condivisi con il Pd, nella carta di intenti e nel programma. E non credo che i deputati Pd potranno votare contro.

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