“La conferenza internazionale è inutile non fuggo, difenderò la Siria dai terroristi”

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DAMASCO — Perché la crisi siriana è più diffusa e acuta rispetto ad eventi analoghi in altri Paesi arabi?
«Alla crisi hanno contribuito molti fattori interni ed esterni, il più importante dei quali è rappresentato dall’intervento delle forze straniere. Il popolo siriano però ha resistito a tutti questi interventi, e ancora continuiamo a farlo. È una questione di difesa della patria».
Sa che ad oggi, secondo l’Onu, nel conflitto avrebbero perso la vita più di settantamila persone?
«Dobbiamo domandarci chi è che tira fuori questi dati e quanto sono credibili le loro fonti. Tutte le morti sono terribili, ma molte di quelle vittime sono stranieri venuti qui per uccidere i cittadini siriani. E non dobbiamo dimenticare che molti siriani sono scomparsi. Non possiamo fornire cifre ufficiali. Naturalmente la situazione è molto fluida, perché talvolta i terroristi uccidono e seppelliscono le proprie vittime nelle fosse comuni».
Non si sarebbe potuto intavolare un dialogo all’inizio della crisi per evitare di arrivare a questo punto?
«All’inizio le rivendicazioni erano di natura riformista, ma in seguito si è capito chiaramente che si trattava di una facciata. Abbiamo introdotto delle riforme, modificato la Costituzione, cambiato le leggi, il terrorismo però aumentava di volta in volta. Il terrorismo non può dettare la via da seguire per giungere alle riforme. Cosa ha a che fare un terrorista ceceno con le riforme in Siria? In Siria stanno combattendo individui di ventinove nazionalità  diverse. Tutto ciò non ha alcun senso ».
Cosa pensa della conferenza internazionale sulla Siria che Russia e Usa dovrebbero tenere alla fine del mese?
«Siamo favorevoli al dialogo tra russi e americani, e ci auguriamo che sfoci in un incontro internazionale che aiuti il popolo siriano. Non crediamo però che molti Paesi occidentali desiderino realmente raggiungere una soluzione in Siria. Non crediamo che molte delle forze che sostengono i terroristi vogliano una soluzione alla crisi. In Siria non può esserci una soluzione unilaterale, occorrono almeno due fronti».
Sono le forze che attualmente combattono o le grandi potenze a non volere una soluzione?
«Le forze dell’opposizione sono di fatto collegate ai Paesi stranieri, e non possono prendere una decisione in maniera autonoma. Ricevono fondi dai Paesi stranieri e fanno ciò che quei Paesi decidono. Sono un tutt’uno, e sono stati loro ad annunciare, non più tardi di una settimana fa, di non volere un dialogo. Noi siamo disposti a dialogare con chiunque voglia farlo, senza eccezioni. A patto che la Siria possa decidere autonomamente e in maniera sovrana. Tuttavia, ciò non include i terroristi. Quando deporranno le armi e si uniranno al dialogo non avremo nulla da obiettare. Ma non sarebbe realistico credere che una conferenza politica possa arrestare il terrorismo in atto».
La conferenza internazionale…
«Per noi il punto fondamentale che una conferenza internazionale dovrà  affrontare riguarda l’interruzione del flusso di denaro e di armi verso la Siria e dell’arrivo di terroristi dalla Turchia, finanziati dal Qatar e da altri Stati del golfo come l’Arabia Saudita. Sino a quando ci saranno Paesi come il Qatar e la Turchia che non hanno alcun interesse a fermare la violenza in Siria, il terrorismo non cesserà ».
Quale crede che sia il ruolo di Israele nella crisi?
«Israele appoggia direttamente i gruppi terroristici in due modi: fornisce loro sostegno logistico e indica loro gli obiettivi da colpire e in che modo colpirli.
Hanno colpito ad esempio una stazione radar della nostra difesa contraerea, capace di intercettare gli aerei in arrivo dall’estero, soprattutto da Israele».
Ha preso in considerazione la possibilità  di farsi da parte?
È pronto a rassegnare le dimissioni?
«Sta al popolo decidere che io rimanga o no. Non sta a me decidere se rimanere o andarmene, ma al popolo. E il popolo lo deciderà  con le elezioni nel 2014. Sono un presidente eletto ed è il popolo che deciderà  se rimarrò o meno. È del tutto inaccettabile che qualcuno affermi che il presidente siriano debba andarsene perché lo vogliono gli Usa o lo esigono i terroristi».
Il presidente Usa Barack Obama ha lasciato intendere di non prevedere alcun intervento in Siria, mentre il suo segretario di Stato John Kerry ha detto che qualsiasi progresso dovrà  avere come premessa le sue dimissioni.
«Non mi risulta che Kerry o qualcun altro abbia ricevuto un mandato dal popolo. Qualsiasi decisione sulle riforme in Siria verrà  presa dalla Siria, e né gli Stati Uniti né altri Stati possono intromettersi. In ogni caso, dare le dimissioni equivarrebbe a fuggire. Attualmente il Paese sta attraversando una crisi, e il capitano non abbandona la nave durante una tempesta».
Francia, Gran Bretagna e recentemente lo stesso Kerry hanno affermato che il suo esercito ha impiegato contro la popolazione civile delle armi chimiche, in particolare il gas Sarin…
«Non bisognerebbe perdere tempo con simili accuse. Le armi chimiche sono armi di distruzione di massa. Dicono che le avremmo impiegate in zone residenziali. Se una bomba nucleare venisse sganciata sopra una città  o una periferia urbana e le vittime ammontassero a dieci o venti, ci credereste? L’impiego di armi chimiche in zone abitate da civili dovrebbe produrre migliaia o centinaia di migliaia di vittime in pochi minuti. Come si potrebbe nascondere un gesto simile?».
A chi attribuisce dunque queste accuse?
«Il tema delle armi nucleari è stato sollevato dopo che i gruppi terroristici le hanno impiegate qualche mese fa ad Aleppo, nel distretto di Khan al-Assal. Abbiamo raccolto le prove e inviato una lettera al Consiglio di Sicurezza per chiedere l’invio di una commissione che indagasse sui fatti. Usa, Francia e Gran Bretagna si sono trovate allora in una situazione imbarazzante, e hanno detto di voler inviare una missione per indagare sull’impiego di armi chimiche in altre zone dove si ritiene
che siano state usate. Lo hanno fatto per evitare di dover compiere un’indagine nella zona dove di fatto ha avuto luogo l’attentato. La scorsa settimana Carla Del Ponte, un membro della commissione, ha annunciato che sono stati i terroristi a usare armi chimiche. L’Onu però ha ignorato la sua dichiarazione».
Crede che simili accuse presagiscano un intervento militare in Siria?
È probabile che questo argomento venga usato come preludio per fare guerra alla Siria. Non abbiamo dimenticato ciò che accadde in Iraq. Dov’erano le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein? L’Occidente ha l’abitudine di mentire e falsificare prove al fine di giustificare delle guerre. Naturalmente, una guerra contro la Siria non sarebbe una passeggiata. Ma non possiamo escludere la possibilità  che ci dichiarino guerra».
Che basi ha per affermarlo?
«La scorsa settimana Israele ci ha già  attaccati. È una chiara eventualità , soprattutto adesso che siamo riusciti a sconfiggere numerosi gruppi armati in molte zone della Siria. Poi, per tirare su il morale dei gruppi terroristici, questi Paesi hanno mandato Israele a fare quel che ha fatto. Prima o poi un intervento ce lo aspettiamo, anche se potrebbe trattarsi di un intervento limitato. All’Occidente interessa solo che un regime sia leale. Vogliono un governo servile, di qualsiasi tipo, che faccia ciò che loro vogliono».
Sa qualcosa dei giornalisti James Foley, un nordamericano scomparso sei mesi fa, e dell’italiano Domenico Quirico de La Stampa, di cui si sono perse le tracce circa un mese fa?
Alcuni giornalisti entrano in Siria illegalmente, penetrando nelle zone dove operano i terroristi. In alcuni casi siamo riusciti a liberare dei giornalisti che erano stati rapiti, ma attualmente non abbiamo alcuna informazione dei due giornalisti da lei citati.
( è il responsabile della sezione Esteri del Clarin. Copyright Clarin 2013.Traduzione Marzia Porta)


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