by Sergio Segio | 14 Maggio 2013 6:52
MILANO — Una nota elettronica insistita, una retta che si perpetua sullo schermo. Resiste fino alle 10.50 di ieri mattina la fibra 20enne di Daniele Carella, il ragazzo che aiutava il padre Savino a consegnare giornali prima che arrivasse il piccone di Adam Kabobo a spaccargli la schiena e la testa. Subito in condizioni disperate al Niguarda sabato scorso, se n’è andato dopo 52 ore di lotta. Encefalogramma piatto, morte cerebrale dichiarata sei ore dopo come da prassi, espianto degli organi. E un’altra famiglia, la seconda dopo quella di Alessandro Carolè, a piangere una fine senza senso, nelle stesse ore in cui i bollettini medici sul 64enne Ermanno Masini autorizzano per la prima volta a un cautissimo ottimismo.
Non lo sa ancora, e chissà quanto se ne renda conto Adam Kabobo nel suo stato catatonico a San Vittore, che l’accusa a suo carico sta per diventare di duplice omicidio. Interrotto solo dall’interrogatorio di garanzia, il suo isolamento in carcere è monitorato costantemente mentre fuori i carabinieri della compagnia Monforte, guidati dal capitano Fabio Guglielmone, continuano a lavorare per mettere insieme più pezzi possibile della notte dell’orrore, come il paletto in alluminio usato per stordire Francesco Niro, il secondo dei feriti già dimesso e a casa. Testimonianze, come quella della 21enne che vive nello stesso palazzo dove Savino Carella portava i giornali all’ora della morte del figlio: ha raccontato ai quotidiani (ma non ancora a verbale) di aver visto Kabobo prima delle 2.30, già spiritato ma disarmato, e di essersi fiondata dentro il cancello dopo aver posteggiato. Immagini di telecamere, anche se quelle già raccolte descrivono parecchio: dell’omicidio di Daniele in via Monterotondo — e dell’accenno di inseguimento al padre sconvolto — si è detto, mentre un minuto prima Adam passa davanti alla farmacia di piazza Belloveso col suo piccone in spalla. Ha appena ammazzato Carolè, non muove un muscolo del volto. E dire che i clienti e i commessi della Coop di via Ornato, duecento metri più in là , lo avevano visto tranquillo mentre chiedeva l’elemosina sull’uscio per tutto il pomeriggio. Aveva solo litigato per comprarsi tre birre da 66 cl oltre l’orario di chiusura. Ora i carabinieri cercano una potenziale base nel quartiere, un appoggio a casa di un connazionale: temono, nel caso, possa aver fatto una brutta fine.
I giardinetti di Niguarda riprendono il ritmo della routine settimanale ma in città la tensione resta fitta. E forse sono solo casuali le quattro bottiglie di plastica piene di benzina ritrovate e segnalate ai carabinieri alle 9 di ieri mattina sul marciapiede all’esterno della onlus Progetto Arca, associazione di aiuto ai richiedenti asilo (lo è tuttora Kabobo). Probabile che la mano che le ha lasciate lì — via Stella, vecchio quartiere industriale di Greco, a due chilometri dalla mattanza — insieme a quattro straccetti asciutti depositati a fianco, sia la stessa vista scappare all’una di notte dagli ospiti dopo un tentativo di forzare l’ingresso. È una struttura dove si cucinano i pasti per i centri di accoglienza, il presidente Alberto Sinigallia sottolinea: «Mai ricevute minacce del genere». La coincidenza è inquietante e non sfugge all’assessore comunale alle Politiche sociali, Piefrancesco Majorino: «È un gesto grave che non intendiamo minimizzare, ma non ci faremo intimidire».
«È importante che il dolore non diventi odio — ammonisce il presidente della Camera, Laura Boldrini — la persona che ha ucciso, se ha ucciso, verrà condannata per il reato che ha commesso, non più o meno a seconda della sua condizione». Addolorato per la morte di Carella, il sindaco Giuliano Pisapia ci tiene a puntualizzare un paio di cose con la Lega in tema di sicurezza: «È importante non tagliare risorse alle forze dell’ordine, come ha fatto il governo di cui facevano parte. Invece di fare proclami lavorino sul territorio ». La risposta, del Carroccio e delle destre, è l’invocazione del ritorno in strada delle pattuglie miste con l’esercito. «Necessarie come deterrente per fermare — invoca la pdl Mariastella Gelmini — l’ondata di degrado e violenza, sono bastati due anni di Pisapia perché a Milano si imponesse il problema sicurezza». E Ignazio La Russa va a manifestare davanti a Palazzo Marino: «Proporremo una legge per avere un solo grado di giudizio sull’asilo».
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