Kerry a Israele: “Avanti con i due Stati”

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ROMA — La notizia del giorno rischiava di essere davvero brutta: a Gerusalemme la polizia ha arrestato ieri per 6 ore il Gran Mufti palestinese, lo sceicco Mohammed Hussein, accusato di avere ordinato i «disordini» esplosi martedì accanto alla moschea di Al-Aqsa. Dal presidente Abu Mazen a molti leader arabi, da tutto il Medio Oriente erano iniziate a piovere critiche e minacce su Israele. Ma il fermo del religioso è durato poco, per ora lo scontro è rientrato, si può tornare a sperare di negoziare la pace. Il rilascio del mufti ha aiutato quindi la missione di John Kerry, il segretario di Stato americano che da ieri, in Italia, ha messo in scena per 2 giorni una tappa importante nella sua operazione di “diplomazia separata”. Lo scopo di questo lavoro per giorni semi-clandestino è quello di riunire i canali diplomatici separati, di far ritrovare insieme le parti – palestinesi e israeliani – per negoziare un accordo per “due stati per due popoli”.
Per incontrare Kerry a Roma sono arrivati da Israele Tzipi Livni e Yitzhak Molko. La prima è il ministro della Giustizia del governo Netanyahu, che però ha avuto dal premier l’incarico di negoziatore con i palestinesi. Il secondo invece è un avvocato amico di Netanyahu che il premier del Likud ha incaricato di coordinare la trattativa con i palestinesi (in passato un altro esperto avvocato, Dov Weisglass, era stato il coordinatore per Sharon). Non ci sono commenti o annunci ufficiali, tranne uno, che però è assai importante. «Andrò a Gerusalemme e Ramallah il 21 o il 22 maggio, voglio vedere il premier Netanyahu e il presidente Abu Mazen», ha detto Kerry. Poi un’altra riunione con il ministro degli Esteri giordano Nasser Judeh: la Giordania è una parte importante in tutta la partita, perché buona parte dei sudditi del suo re sono palestinesi, confina con Israele con cui ha relazioni diplomatiche e vuole dire la sua sulla nascita di un vero stato palestinese.
Kerry ha iniziato a lavorare con forza alla ripresa del negoziato fra Israele e Palestina immediatamente dopo la visita del presidente Obama del 20 marzo scorso. Ha chiesto a palestinesi e israeliani di dargli 3 mesi di tempo, di astenersi da commenti, attacchi, manovre pubbliche che interferiscano con la sua diplomazia segreta. A Roma i colloqui tra Kerry, la Livni e il ministro giordano sono stati super-riservati. Lo scopo è quello di far riprendere il negoziato di pace bloccato nel 2010. «Un accordo con i palestinesi è nell’interesse di Israele», ha detto la Livni al termine dell’incontro, durato tre ore. Kerry è riuscito già  ad ottenere da Netanyahu un passo importantissimo, la sospensione della costruzione di nuovi insediamenti di coloni nei territori palestinesi. Netanyahu lo ha fatto in maniera “burocratica”, interrompendo la pubblicazione dei bandi amministrativi che tecnicamente permettono ai coloni di costruire. Nessun annuncio politico di Netanyahu, per limitare le reazioni della destra estrema israeliana, ma ieri il leader israeliano ha ribadito la sua volontà  di andare avanti nel processo di pace in una telefonata con Obama.
Oggi la missione di Kerry continua: vedrà  il presidente del Consiglio Enrico Letta, il ministro degli Esteri Emma Bonino e poi Tony Blair, ex premier britannico oggi inviato del Quartetto (Usa, Ue, Russia e Onu) in Medio Oriente. Ieri la stessa Bonino ha avuto incontri con la Livni e col ministro giordano Nasser Judeh: l’Italia sostiene il processo di pace, e lo farà  anche fra i paesi dell’Unione europea, chiedendo a tutti i 27 di non ostacolare in nessun modo il lavoro degli americani.


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