In Italia il 13 per cento dei lavoratori con salari sotto i minimi contrattuali
ROMA – Il 13 per cento dei lavoratori italiani percepisce salari al di sotto dei minimi contrattuali. In tutti i paesi si riscontra il mancato rispetto del salario minimo ma l’Italia si aggiudica il record negativo con molte lunghezze di vantaggio. E’ questa, in sintesi, la conclusione tratta da Andrea Garnero su la voce.info. In un articolo sull’ultimo numero della newsletter, Garnero (che lavora presso la Paris School of Economics e l’Université Libre de Bruxelles) confronta la situazione italiana con quella degli altri Paesi europei. I risultati della sua ricerca arrivano a dimostrare che il salario minimo non è sempre rispettato. E “nonostante i salari minimi in termini relativi siano molto elevati in Italia, essi lasciano scoperta una fetta importante di persone”.
”Ciò – continua – avviene nei casi di lavoro nero o semplicemente quando il datore di lavoro deliberatamente (o per sbaglio se il sistema è complesso) paga meno del dovuto”. Inoltre, “nei settori in cui altre forme di remunerazione come le mance rappresentano una fonte di entrata significativa, il riferimento contrattuale potrebbe essere meno rilevante”.
Infine, e più grave perché perfettamente nei confini della legge, continua l’articolo de la voce.info, “i contratti nazionali non danno garanzie alle forme di impiego precario (tipo i contratti a progetto) o a chi lavora a prestazione. Il contratto nazionale garantisce un salario più elevato ma al prezzo di una fetta crescente di persone escluse. In tutti i paesi una parte di lavoratoi, anche in presenza di un salario minimo nazionale che in teoria dovrebbe applicarsi per legge a tutti, guadagna meno del corrispettivo previsto”.
Garnero ricorda che “in Germania questo problema (cresciuto con il proliferare dei mini-jobs) è alla base del crescente consenso per un salario minimo nazionale, almeno per alcuni settori. L’Italia, però, è il Paese con la quota di persone ‘escluse’ più elevata, circa il 13 per cento, con picchi di oltre il 40 per cento nel settore dell’agricoltura, del 30 per cento nelle costruzioni e oltre il 20 per cento nelle attività artistiche e di intrattenimento e nei servizi in hotel e ristorazione”.
Garnero ricorda che Jean-Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo uscente, ha ribadito la proposta di un salario minimo europeo. E ricorda anche la reazioni non tutte positive dei sindacati. A cominciare dalla Cgil, con la Camuso che aveva definito “insostituibile” il contratto nazionale.
Per Garnero, tuttavia, “i sindacati hanno ragione sulla carta: la contrattazione garantisce un salario più elevato, ma solo a chi ne è effettivamente coperto. Una fetta importante, e probabilmente crescente, ne rimane escluso. Il sistema così com’è quindi non basta. La via preferita dai sindacati per ridurre il numero degli esclusi è quella di includere i precari nella contrattazione collettiva. Sicuramente utile, ma ancora più efficace se accompagnata a un salario minimo (o equo compenso) davvero di base per tutti. Un sistema duale, come quello in vigore in Belgio e come quello che si sta discutendo in Germania”.
Ma la coperta è corta. “Bisogna trovare un equilibrio tra il giusto valore del salario minimo e il numero di persone che ne potranno davvero giovare”.
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