Il pressing delle toghe sulla Cancellieri: si faccia sentire

by Sergio Segio | 15 Maggio 2013 6:24

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ROMA — Prima la condanna di Berlusconi; poi la manifestazione contro i giudici con un paio di ministri dietro il palco; infine la richiesta di una nuova condanna per l’ex premier accompagnata dalle consuete polemiche contro le toghe che «vogliono ucciderlo politicamente attraverso le sentenze», come ripete l’onorevole Santanché annunciando ulteriori manifestazioni. È successo tutto in pochi giorni, e ora la parola passa al Consiglio superiore della magistratura. Oggi ci sarà  la prima assemblea plenaria dell’organo di autogoverno dopo i fatti dell’ultima settimana, e i componenti di Unità  per la costituzione — la corrente moderata nonché maggioritaria dei giudici — chiederanno di affrontare in via d’urgenza i nodi venuti al pettine tra sentenze, reazioni e requisitorie. Sollecitando il neo ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri a presentarsi a palazzo dei Marescialli, sede del Csm, per illustrare la sua posizione sul conflitto politica-giustizia e le linee del suo programma. I gruppi più a sinistra e più a destra, Area e Magistratura indipendente, chiederanno inoltre che lo stesso Csm apra una pratica a tutela di giudici e pm accusati di faziosità  dal centrodestra.
Finora il Guardasigilli del governo Letta, proveniente dal Viminale e con un bagaglio professional-culturale del tutto estraneo alla delicata materia di cui è chiamata a occuparsi, ha scelto la strada del silenzio. Che può tornare utile a non creare ulteriori problemi, ma non a tranquillizzare i magistrati che si sentono sotto attacco. Nessuno vuole alimentare tensioni né mettere in difficoltà  il governo, assicurano i «togati» che chiedono di conoscere le idee del ministro; ma non può essere che dei problemi di giustizia non si parli, oppure se ne parli solo per aggredire giudici e pubblici ministeri. A questo punto, quindi, diventa necessario e urgente un intervento della Cancellieri davanti al Csm per chiarire la posizione del governo e mettere qualche punto fermo a proposito di autonomia e indipendenza della giurisdizione.
Le ultime esternazioni di titolari di altri dicasteri risalgono appena a ieri: Nunzia De Girolamo, ministro delle Politiche agricole, ha parlato del «caso Ruby» definendolo «l’ennesimo processo mediatico per destabilizzare il clima che si sta creando in Italia». Poi ha precisato che non ce l’aveva con i magistrati bensì con giornali e tv, ma è difficile credere che potesse riferirsi solo ai mass media quando parlava di «odi personali e costruzioni giuridiche ad arte o giudiziarie». Il resto delle considerazioni anti-giudici l’hanno aggiunto i presidenti di commissioni parlamentari come Nitto Palma, Daniele Capezzone e Paolo Sisti, appena eletti sulla base degli accordi Pd-Pdl.
A tutto questo ha già  risposto pubblicamente il vicepresidente del Csm Vietti, ricordando il ruolo-baluardo della magistratura «che tutti devono non solo rispettare, ma apprezzare e difendere». Parole che in questi frangenti suonano tutt’altro che di circostanza, e con le quali il presidente della Repubblica ha fatto sapere di essere pienamente d’accordo. Continua però a mancare la voce del governo, lamentano le toghe; non solo a salvaguardia dell’operato dei magistrati, ma anche sul programma che il governo delle «larghe intese» intende perseguire. Dal palco bresciano Berlusconi ha riproposto obiettivi come separazione delle carriere tra giudici e pm, responsabilità  civile, riforma delle intercettazioni e altro che non piacciono per niente alle toghe di tutte le correnti.
Il ministro Cancellieri — impegnata a mettere insieme la squadra dei più stretti collaboratori non ancora completata, oltre che a individuare le priorità  di intervento — riteneva che la presenza al dicastero di via Arenula di una personalità  estranea ai conflitti passati e indipendente dai partiti potesse rappresentare di per sé una garanzia per la magistratura. E che di fronte al rischio di fomentare lo scontro fosse meglio tacere. Oggi dal Csm le diranno che non è così, e che gradirebbero conoscere il pensiero del Guardasigilli.
Giovanni Bianconi

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