Il pressing dei Comuni: adesso basta tagli

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ROMA — La garanzia del governo è arrivata, ma varrà  solo per pochi mesi. Per fronteggiare il mancato incasso dell’Imu a giugno sulle prime case i Comuni riceveranno un prestito dallo Stato. E a interessi zero. Il vero problema, per i sindaci, arriverà  in piena estate con la revisione dell’imposta sugli immobili. Una riforma che minaccia di smontare l’autonomia finanziaria appena conquistata con l’Imu, l’unica vera tassa federalista.
Sono 20 miliardi di euro che, dopo anni di battaglie contro la finanza derivata, dal 2012 arrivano direttamente nelle casse dei Comuni senza più alcuna intermediazione dello Stato. Se per i cittadini l’Imu è un incubo, per i sindaci è una manna. Un tesoretto che pareva solido come una casa, ma che oggi la politica vuole rimettere in discussione. Scombussolando i loro piani, e non solo. Entro fine giugno, tanto per cominciare, la legge obbliga i Comuni ad approvare i bilanci preventivi del 2013, ma per quella data nessuno ancora saprà  quanto incasserà  con la nuova Imu del 2014.
Anche per questo, ieri, i sindaci si sono precipitati a Palazzo Chigi, prima del varo del decreto sull’Imu. Le garanzie sulla prima fase della riforma le hanno avute, ma è il prossimo passo che li spaventa. E non è che la presenza dall’altra parte della scrivania di Graziano Delrio, ex presidente dell’Associazione dei Comuni, li abbia confortati più di tanto.
Certo, a Palazzo Chigi c’è grande consapevolezza dei problemi degli enti locali. C’è disponibilità  anche ad ascoltare le Regioni, che denunciano le ristrettezza del patto di Stabilità  interno, ma nel bilancio pubblico non c’è più un euro: il governo ha faticato persino a trovare i soldi per coprire gli interessi sui 2 miliardi del prestito ai Comuni. E il timore dei sindaci, neanche troppo velato, è che alla fine debbano essere proprio loro, direttamente, o indirettamente con un taglio di altre risorse, a farsi carico della riduzione della tassa promessa dal governo. Una prospettiva terrificante per i Comuni, già  messi in ginocchio dai tagli degli anni scorsi, dai costi standard del federalismo che cominciano ad arrivare, dalle varie tornate di spending review decise da Roma. Con l’Imu che rischia di sparire e i soldi dell’Ici del 2010 che il governo deve ancora rimborsare, il numero dei Comuni sull’orlo del dissesto finanziario cresce ogni giorno di più.
Non bastasse il problema del gettito Imu, i Comuni hanno anche quello delle entrate garantite dagli altri tributi locali. Poca roba, tre o quattro miliardi di euro all’anno, ma rischiano di sparire pure quelli, visto che dal primo luglio Equitalia, per legge, non riscuoterà  più per conto degli enti locali. Dopo aver spinto per la legge e garantito che non avrebbero mai chiesto una proroga dei rapporti con Equitalia, ieri dai sindaci è partita una nuova lettera al governo, con una seconda richiesta di rinvio della scadenza di luglio. La prima l’aveva chiesta, appena sei mesi fa lo stesso ministro Delrio, quando ancora vestiva la fascia tricolore di sindaco di Reggio Emilia.


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Federalismo a suon di prestiti

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  Mix&Remix 

I prestiti d’emergenza non riescono a risolvere i problemi dei paesi in crisi con il debito pubblico, ma il loro scopo è un altro: metterli sotto l’amministrazione controllata permanente delle istituzioni europee e aumentare la predominanza di queste ultime sulla politica nazionale.

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