Il Pd di Epifani supera il primo test

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ROMA — Nella sorpresa generale al Nazareno c’è chi parla di «miracolo» perché il Pd, nel momento più drammatico della sua giovane vita politica, davvero non si aspettava questo «regalo» dagli italiani. Il centrodestra che arretra, i grillini che subiscono un colpo, il Pd che si attesta fra il 25 e il 26 per cento e si impone in tutti i capoluoghi… E quando Guglielmo Epifani sale in sala stampa per un primo commento si nota lo sforzo di dosare soddisfazione e cautela, mostrando preoccupazione per la voragine dell’astensione.
«Sono dati incoraggianti, il Pd è di gran lunga il partito più votato e i nostri candidati sono andati bene ovunque», incassa la sua prima vittoria il segretario. Più tardi, quando raggiunge il quasi-sindaco di Roma al comitato elettorale, il segretario si scioglie e lo abbraccia, cancellando con un gesto la reciproca freddezza tra il Pd e il candidato romano: «Ignazio Marino può diventare il sindaco del cambiamento. La sua campagna molto particolare è stata premiata».
Epifani non vorrebbe parlare di sé, ma certo non gli dispiace ammettere che il risultato «incoraggia il lavoro che ho cominciato a fare». Da qui all’autunno c’è tempo, eppure tra i democratici sono in tanti a leggervi la conferma che il traghettatore non abbia inteso il suo incarico come una reggenza e che sia pronto a ricandidarsi al congresso.
Il Pd che tiene rafforza il governo e rinsalda l’asse tra Epifani, Letta, Franceschini e Bersani. Invece di pagare dazio per il patto col Pdl, come i leader temevano, i democratici possono sospirare di sollievo. «La parte più profonda dell’Italia — è l’analisi a caldo del ministro Dario Franceschini — ha capito che il governo e il Pd si stanno caricando una parte di servizio, affrontano i problemi e lavorano per risolvere le emergenze dei cittadini. Voglio essere onesto, non è un voto di approvazione, ma di attesa». Gli inquilini «democrat» di Palazzo Chigi ci vedono un’apertura di credito e confidano nel sostegno di Epifani, che secondo Franceschini sta interpretando il suo ruolo «molto bene, con equilibrio, buon senso e generosità ».
Il Pd riparte, ma il passato recente non si cancella. Al Nazareno raccontano di un Epifani lasciato solo dai capicorrente e che fatica a costruire la sua segreteria. Pochi applausi e molti silenzi, da parte dei «big» del partito. «Si può esprimere soddisfazione di fronte al crescente astensionismo? — lancia l’allarme Rosy Bindi —. Forse è bene preoccuparsi più per i voti non espressi che per i consensi raccolti». Paolo Gentiloni ringrazia gli elettori per il «regalo inatteso» e commenta: «Malgrado le sberle e malgrado i vertici, l’idea del Pd trova ancora uno zoccolo duro molto affezionato». Eppure al Nazareno nessuno brinda. «La partecipazione ha raggiunto livelli di guardia» commenta con un occhio ai dati Roberto Cuillo, responsabile della redazione web. La sfiducia per la politica è un cratere immenso e per colmarlo servirà  tempo. Beppe Fioroni è preoccupato e incalza Epifani sulla data del congresso: «Guai ad andare oltre novembre, se continuiamo a rinviare le risposte il partito rischia di diventare evanescente». Come osserva il senatore renziano Andrea Marcucci, i voti che alle Politiche erano andati a Grillo sono tornati nell’astensione e «il problema è che non li abbiamo riconquistati noi». Ma anche per Matteo Renzi, se mai vorrà  impegnarsi per guidarlo, serve un Pd in salute… Roma può essere il primo mattone della ricostruzione e il sindaco di Firenze ha messo in agenda un evento romano al fianco di Marino.
Monica Guerzoni


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