Il giorno di Epifani, segretario «vero»: sosteniamo il governo senza paura
ROMA — Più che un reggente, o segretario pro tempore con poteri limitati, Guglielmo Epifani sarà un segretario vero. Pronto, nel caso, a ricandidarsi al congresso, che si terrà entro ottobre. Il Pd ieri ha celebrato il rito dell’elezione del nuovo segretario: candidato unico, fortemente voluto dal dimissionario Pier Luigi Bersani e votato a grande maggioranza, con 458 voti. Con qualche defezione: 59 nulle e 76 bianche. Epifani ha assicurato lealtà al governo, ricevendo in cambio la calorosa benedizione politica da parte del premier, Enrico Letta. Dopo l’elezione, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in una telefonata ha espresso a Epifani la sua soddisfazione per la nomina, che rafforza anche il governo. Domani alle 18 si incontreranno al Quirinale. E se l’elezione di Epifani cementa l’asse tra bersaniani e franceschiniani, lasciando freddi dalemiani e veltroniani, Matteo Renzi offre la sua collaborazione: «Sono pronto a dare una mano».
Appena 48 ore fa il cielo sopra il Pd era solcato da nubi minacciose. Accuse, insinuazioni, dichiarazioni di guerra, candidati bruciati, occupazioni minacciate, vendette consumate. Ieri, come spesso succede, alla Fiera di Roma è andata in scena la solita liturgia pacificata, da tregua armata, con qualche decina di manifestanti «Occupy Pd», subito riassorbiti, e pochi esponenti apertamente ostili alla soluzione Epifani. Soluzione che trova un equilibrio tra la necessità di sostenere l’esecutivo e la necessità di tenere insieme il partito in vista del congresso.
Sul primo fronte, Epifani è esplicito: «Non c’erano alternative a sostenere questo governo. Visto che, sia pure in condizioni del tutto eccezionali, si è intrapresa questa strada, ora non dobbiamo avere paura, bisogna percorrerla con coraggio. Mettiamoci la faccia». Letta ringrazia: «La sua elezione è una buona notizia per il governo». Sul secondo fronte, l’ex leader della Cgil fa il punto sullo stato del partito: «Stiamo per toccare il fondo e nessuno si può chiamare fuori dalle responsabilità . Nessuna autoindulgenza. Serve preparare il congresso. Non dobbiamo averne paura, serve una discussione esplicita».
Sullo sfondo, la decisione se sganciare la leadership del partito dalla premiership, modifica allo Statuto che potrebbe essere fatta in una prossima assemblea. E che consentirebbe a Matteo Renzi di aspettare la sfida del governo senza farsi coinvolgere dalla guida del partito. Il sindaco di Firenze darà «una mano», come dice, ma a modo suo. E così si toglie qualche soddisfazione. Spiegando che «se non prendi i voti del centrodestra, poi finisci per prenderne i ministri». Quanto a chi contesta le correnti, la risposta è tranchant: «Mi fa ridere la violenta critica del correntismo. La fa gente che sembra vissuta su Marte». Ma Renzi sprona il partito a non lasciare il governo nelle mani del Cavaliere: «Questo esecutivo o lo subiamo o lo guidiamo. Se lo subiamo, concediamo l’ennesimo calcio di rigore a Berlusconi».
Silenti Walter Veltroni e Massimo D’Alema, parla Rosy Bindi. La presidente dimissionaria del Pd prende le distanze dalla gestione del partito: «Voterò per Epifani perché non è stato coinvolto nelle ultime scelte. Neanche io lo sono stata, negli ultimi mesi, e non mi va quindi di portare la responsabilità per quello che è successo». La Bindi spiega di non avere platealmente contestato queste scelte per «senso di responsabilità », ma ora si sente libera: «Sono tornata». E già che è tornata, la Bindi ha da dire qualcosa al governo Letta: «Vorrei una legge elettorale in 18 settimane, non in 18 mesi. Poi posso fare lo sforzo di sostenere quest’esecutivo, ma non chiedetemi di accettare la retorica della pacificazione Brunetta-Berlusconi».
Non è l’unica ad avere perplessità e mal di pancia. Il sindaco di Bari Michele Emiliano spiega: «Siamo in una fase ospedaliera». Il collega di Salerno, Vincenzo De Luca è scoppiettante come al solito. Prima dichiara il senso di «umiliazione e di vergogna profonda» per la situazione del Pd. Poi se la prende bonariamente con Bersani: «Pure tu, qualche sigaro di troppo ce l’hai messo». Il segretario uscente aveva appena espresso la sua amarezza per come sono andate le cose: «Si sa com’è in politica, si vince tutti insieme e si perde da soli». Ma superato lo scoramento, Bersani lancia un appello per un «nuovo inizio»: «Ricominciamo senza astio e senza recriminazioni».
Il malessere, però, c’è ancora tutto. Sandro Gozi decreta il suicidio del Pd, Laura Puppato invita a «chiedere scusa agli elettori», Sandra Zampa si astiene, Pippo Civati invoca un congresso presto, magari il 29 settembre, «una bella domenica in cui fanno gli anni due persone, una a cui vogliamo molto bene, un’altra meno» (Bersani e Berlusconi). Ora Epifani dovrà scegliersi la sua segreteria. Non è escluso che il responsabile organizzativo sia il renziano Luca Lotti.
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