by Sergio Segio | 9 Maggio 2013 6:18
Certo, quando il presidente della Repubblica interviene, la sentenza non è ancora stata pronunciata. Ma sembrava già scritta. E lui dunque sa bene, mentre parla davanti al Csm (rivolgendosi però anche al mondo politico), che la questione giustizia rischia di diventare un’altra emergenza, per questa fragile maggioranza. Lo dimostrano i commenti polemici di tanti esponenti del centrodestra, non del tutto compensati da un’enigmatica e parziale sdrammatizzazione di Niccolò Ghedini: «Non mi interessano i risvolti politici di questa sentenza e se ci sarà una correlazione con la stabilità politica… mi interessa la stabilità del diritto». E lo stesso Cavaliere, furente per la «persecuzione», avrebbe assicurato che il verdetto non avrà ripercussioni sull’esecutivo… Per il momento.
Ecco il punto politico. Quanto inciderà la conferma della condanna Mediaset, in attesa della vicina sentenza per l’affaire Ruby, sulla tenuta di un esecutivo che si regge su una doppia, simmetrica debolezza? Quella di un Pd disgregato e in profonda crisi e quella di un Pdl il cui leader è assediato dai tribunali e perciò politicamente ipersensibile? E basterà a garantire l’indispensabile saldezza al nuovo inquilino di Palazzo Chigi la protezione del Quirinale, che ha voluto battezzarlo come premier?
In attesa di verificare sulla media distanza l’impatto della condanna di Berlusconi (a proposito della quale il Colle si chiude nel rituale «no comment» dei momenti difficili), il capo dello Stato tiene monitorato il quadro politico. Con la scontata preoccupazione di tenere in equilibrio la maggioranza e puntellare le diverse spinte centrifughe. Spinte che ieri si sono materializzate nel caso di Francesco Nitto Palma, eletto alla presidenza della Commissione giustizia senza i voti del Pd. Una prova di forza che ha coinciso con la quasi contemporanea nomina, presso un Csm diviso, del nuovo primo presidente della Cassazione, ossia proprio la stessa corte che tra qualche mese sarà investita del terzo grado di giudizio sulla vicenda Mediaset chiusa a Milano.
Non sembra quindi una coincidenza che Napolitano, in un clima così caldo, abbia chiesto ai giudici di «combinare rigore ed equilibrio». Un «esercizio non sempre facile, ma cruciale, affinché possa essere riconosciuta l’indipendenza della magistratura». Al governo, invece, «giunto al delicato approdo dell’investitura dopo un travagliato avvio», ricorda la «missione» per cui è nato. Rispondere alle «emergenze economiche e sociali» e attuare «un programma di riforme istituzionali troppo a lungo attese». Obiettivi che, con l’aria che tirava ieri a Roma, sono parsi molto ambiziosi.
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