by Sergio Segio | 29 Maggio 2013 7:55
NEW YORK — «Se è così come sembra, se hanno ottenuto queste informazioni, meglio buttare via ogni cosa, prendere un bel foglio bianco e ricominciare a progettare tutto da capo»: uno dei massimi esperti di strategia militare usa parole definitive per descrivere l’ultimo attacco degli hacker agli Stati Uniti. Questa volta, come rivela il Washington Post, nel mirino dei pirati cinesi è finito direttamente l’esercito, le sue armi più sofisticate. Il bottino è «da mettere i brividi», come lo definisce un alto funzionario del Pentagono: ci sono i codici dei missili Patriot, i progetti dei caccia F-35, i modelli migliori delle navi d’assalto, gli elicotteri Black Hawk. E poi ancora sono compromessi tutti i moduli di difesa in Europa, Asia e Golfo Persico e i più moderni sistemi di intercettazione missilistica della marina ma l’elenco è lungo. In un colpo di mouse l’esercito cinese si è risparmiato «25 anni di lavoro e svariati miliardi di dollari». Nel rapporto segreto che denuncia tutto questo al Dipartimento della Difesa non ci sono accuse esplicite ma le prove portano tutte oltre la Grande Muraglia.
Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, non commenta la notizia, ma fa sapere che «la sicurezza dagli attacchi cibernetici sarà il tema centrale dell’incontro tra Obama e il presidente cinese Xi Jinping in California ai primi di giugno». Da Pechino, ovvio, arriva la smentita di rito: «Noi non abbiamo responsabilità in queste azioni. Anzi siamo in prima linea nel combattere il fenomeno ». Ma le stesse accuse rimbalzano pure dall’Australia dove gli hacker hanno copiato la mappa della nuova sede dei servizi segreti.
Due mesi fa, al Congresso, è stato presentato il rapporto dell’Agenzia per la sicurezza nazionale che mette al primo posto tra le minacce quella degli hacker: «È la nostra priorità assoluta». Le spese in questo campo sono le uniche non toccate dai tagli al bilancio e, nel deserto a pochi chilometri da Salt Lake City, è in costruzione la più grande base per la difesa digitale. Sarà pronta a settembre, nel frattempo la minaccia non si ferma: peggiora. Uomini del Pentagono rivelano sconsolate al Washington Post la loro impotenza: «In molti casi non sappiamo niente di queste intrusioni sino a quando l’Fbi viene a bussare alla nostra porta. Quello che è accaduto questa volta è assurdo». E un altro esperto aggiunge: «Hanno rubato sistemi decisivi per la nostra sicurezza nazionale».
La Cina da alcuni anni sta cercando di modernizzare il suo esercito, che a lungo è sembrato svantaggiato dal punto di vista tecnologico rispetto a quello degli Stati Uniti. Per colmare il divario niente di meglio che aprire le casseforti digitali e rubare tutto quello che c’è di interessante. In questo modo Pechino ottiene progressi rapidi, risparmia i soldi della ricerca e soprattutto capisce come neutralizzare le armi del potenziale avversario. Infatti adesso le truppe Usa potrebbero avere problemi in combattimento: sistemi di comunicazione in tilt, droni che non vanno dove dovrebbero, missili e aerei che non offrono più la copertura necessaria. Nel rapporto non è spiegato come gli hacker siano entrati nei computer, né quali hanno violato ma i commenti sono riassunti in una sola parola: «Pazzesco». La pronuncia il capo di un think tank di Washington, la ripetono le fonti anonime della Difesa e del Pentagono. Ed è quello che dovrà provare a spiegare Obama al suo collega cinese.
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