Giurano i sottosegretari «No allo spirito di parte»

by Sergio Segio | 4 Maggio 2013 6:38

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ROMA — Hanno giurato alle otto della sera a Palazzo Chigi. Lo hanno fatto un po’ defilati, tant’è che i 30 sottosegretari e i 10 viceministri del governo guidato da Enrico Letta sono stati in qualche modo già  isolati dai giornalisti che stavolta non hanno avuto il permesso di accedere al salone del giuramento. E alla fine di una rapida cerimonia priva di colpi di scena — se non si calcola la rottura del cerimoniale da parte di Gianfranco Micciché, che per le rituali strette di mano ha sbagliato le precedenze, e il mezzo giallo del ritardo di Cosimo Ferri (Giustizia) che ha giurato quasi fuori tempo massimo — il presidente del Consiglio non ha venduto illusioni alla sua squadra di governo. Primo: ai sottosegretari già  parlamentari spettano stipendi decurtati come per i ministri con doppio incarico. Secondo: «Sobrietà  nei comportamenti e nell’uso delle parole». Terzo: «Scordatevi lo spirito di parte perché ora facciamo parte tutti della stessa squadra». Quarto, ma non ultimo: «Sappiate che non abbiamo tempo perché dobbiamo recuperare quello perso in questi mesi e gli italiani ci guardano con preoccupazione». Tanta prudenza di Enrico Letta, forse, è dovuta al fatto che il primo giorno di scuola dei nuovi «vice» usciti dalla trattativa Franceschini-Verdini è stato caratterizzato da molte polemiche. Accuse e veleni hanno investito Michaela Biancofiore del Pdl (che, in corso d’opera, ha avuto anche le deleghe allo Sport e alle Politiche giovanili oltre che alle Pari opportunità ), Gianfranco Micciché di Grande Sud (Funzione pubblica) e il sindaco di Salerno, il pd Vincenzo De Luca (viceministro alle Infrastrutture).
Il giuramento dei sottosegretari è stato, come sempre, veloce e indolore. La squadra di governo è sfilata davanti al presidente del Consiglio, al vice Angelino Alfano e al sottosegretario alla Presidenza Filippo Patroni Griffi (che ha comunicato l’avvenuta nomina del suo ex capo di gabinetto alla Funzione pubblica, il magistrato Roberto Garofoli, per la poltronissima di segretario generale di Palazzo Chigi). Ma la cerimonia di insediamento ha lasciato comunque uno strascico di polemiche: «La lista dei sottosegretari del governo Letta è impresentabile per scarsa qualità  personale e per la logica politica spartitoria», ha attaccato il sindaco di Bari Michele Emiliano (Pd). Mentre per il governatore della Lombardia, Roberto Maroni (Lega), «si è esagerato sul numero dei sottosegretari».
C’è maretta, comunque, al ministero della Giustizia dove arriva il giudice Cosimo Ferri (leader di Magistratura indipendente, ex consigliere del Csm, figlio dell’ex ministro Enrico Ferri del Psdi famoso per il limite dei 110 in autostrada) che avrebbe avuto il via libera direttamente da Silvio Berlusconi e dai suoi avvocati parlamentari Longo e Ghedini. Il nome di Ferri è stato associato, seppure senza conseguenze, alle inchieste sulla P3 e alle intercettazioni esercitate sull’Agcom per bloccare una puntata di Annozero di Michele Santoro. Però il Pd non ha preso contromisure e non ha schierato alla Giustizia un candidato di punta: fino all’ultimo minuto, era in pista Donatella Ferranti, ex magistrato che ha dato filo da torcere al governo Berlusconi in commissione Giustizia, ma poi si è preferito un giovane avvocato, il neodeputato catanese Giuseppe Beretta, vicino politicamente ad Anna Finocchiaro. E ora in via Arenula già  inizia a circolare la voce che pure il nuovo capo di gabinetto del Guardasigilli Anna Maria Cancellieri potrebbe arrivare da Catania: il dottor Giovanni Salvi, che nella città  etnea siede sulla poltrona di procuratore capo.
Gli esclusi, comunque, attendono che si chiuda entro martedì la partita sulle commissioni parlamentari. Il Pdl ha chiesto al Senato la Giustizia per l’ex Guardasigilli Nitto Palma e le Infrastrutture (che controlla le Telecomunicazioni) per l’ex ministro Paolo Romani. Il Pd vuole Anna Finocchiaro alla I del Senato mentre, alla Camera, la Ferranti andrebbe alla Giustizia, Cesare Damiano al Lavoro, Beppe Fioroni alla Difesa. Mentre Rosy Bindi è in corsa per la commissione Antimafia.

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