Genova in lutto urla di dolore i portuali si sfogano in piazza

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GENOVA — Le sirene delle navi ormeggiate suonano insieme. E all’inizio fa una strana impressione, perché sembra come un lamento, un singhiozzo di dolore. Poi sale di intensità , mette i brividi, diventa assordante. Si trasforma in un urlo di rabbia, che dal porto rimonta lungo i carruggi del centro storico e si diffonde per tutta Genova. La città  si ferma, rende onore ai suoi caduti. Si ferma perché è il cuore — il porto — che smette di battere. I vigili del fuoco al Molo Giano, che ancora scavano tra le macerie alla ricerca delle ultime due vittime, si tolgono i caschi per rispetto. In tutti i quartieri i negozi abbassano le saracinesche. Minuti che sono un’eternità . Che finiscono per mutare la tristezza in collera, la rassegnazione in consapevolezza.
«Non è stata una fatalità . Ma un omicidio. Quei nove sono stati uccisi dalla logica del profitto, che dimentica i lavoratori». In piazza Matteotti, dove in cinquemila si sono dati appuntamento per celebrare il lutto, gli operai del porto quasi strappano il microfono di mano a don Luigi Molinari, cappellano
del lavoro. Gli chiedono di fare un passo indietro. Di lasciarli parlare. «È dalla notte che sono morti, che abbiamo incrociato le braccia. Ma agli armatori, ai terminalisti, agli imprenditori, non importa. Le navi vanno, i container viaggiano. L’importante è produrre, guadagnare. Mentre si recuperano i cadaveri». Qualcuno inveisce contro la famiglia Messina, proprietaria della Jolly Nero. Altri raccontano di una nave da crociera salpata l’altro pomeriggio. «Con i turisti che dal ponte fotografavano quello che resta della torre di controllo. Una nave del divertimento, nessuna pietà ». Denunciano «il teatrino dei sindacati e delle istituzioni», che «ci volevano far lavorare in
mezzo ai morti». Se la prendono con chi ora «dalla poltrona fa le condoglianze, mentre noi continuiamo a rischiare la vita». Qualche ora più tardi, attraverso il delegato della Cgil, i camalli della Compagnia Unica prenderanno le distanze «da chi parla in pubblico senza dire chi sta rappresentando ». Ma intanto la febbre ha contagiato tutti, indurendo l’animo di una città  in crisi e depressa, da troppo tempo sull’orlo di una crisi di nervi. Dall’altra notte si respira un’atmosfera diversa, perché è una ferita troppo profonda e chissà  quando si rimarginerà . La folla in piazza Matteotti, l’attesa che cresce per i funerali — non ancora fissati — i commercianti rispettosi del lutto, le lunghe code di Tir che fino al tardo pomeriggio si sono formate all’ingresso del porto, paralizzando la circolazione. Non si placano le polemiche nei confronti della Lega calcio che mercoledì sera ha imposto comunque a Sampdoria e Genoa di giocare in campionato, e pure questo a modo suo è un segnale.
Il sindaco Marco Doria prova a calmare gli animi, racconta di «una comunità  che deve dimostrare coesione, che deve ricostruire proprio in un momento così difficile. Genova lo ha saputo fare tante volte, ci riuscirà  anche in questa occasione». Interviene il cardinale Bagnasco, intuisce che il momento non è mai stato così delicato: «Ma questa tragedia, questo momento durissimo, non ci devono abbattere. Preghiamo perché il colpo subito dalla nostra città  serva per far riscattare Genova — dice — , e auguriamoci che ci sia un ulteriore risveglio da parte di tutti, ciascuno secondo le proprie responsabilità . Il nostro porto deve tornare ad essere il cuore pulsante della vita, del lavoro e della società  genovese». Ieri al Molo Giano si è presentato Andrea Orlando, ministro per l’Ambiente: «È il momento di stare uniti e dare una mano al porto per ripartire. Di unirsi al cordoglio e al dolore di Genova», ha detto, prima di visitare in ospedale i feriti. Oggi sarà  Nunzia Di Girolamo, ministro delle Politiche Agricole, a rendere omaggio alle vittime. Intanto attraverso il segretario di Stato Usa, John Kerry, giungono al capoluogo ligure e all’Italia le condoglianze del presidente Obama. Anche il Papa esprime la sua «profonda partecipazione al dolore che colpisce l’intera città ». Ma l’impressione è che quel suono delle sirene continuerà  a riecheggiare a lungo nelle orecchie dei genovesi.


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