Garantire il reddito e, insieme, il lavoro? Un dibattito aperto
La discussione aperta da sbilanciamoci.info a partire dalla proposta di legge d’iniziativa popolare sul reddito minimo garantito (c’è una pagina internet dedicata www.redditogarantito.it/#!/home) vuole arricchire l’ampio dibattito che si è da tempo sviluppato sul basic income , in Italia e all’estero. Partiamo da una proposta semplice e radicale. Ritengo che un’iniziativa di garanzia del reddito non possa che: (a) riguardare tutti i cittadini, ovvero avere carattere universale; (b) essere incondizionata; (c) avere come obiettivo il ridimensionamento delle condizioni di precarietà dell’offerta di lavoro.
L’intervento va quindi intrecciato con la politica fiscale e sindacale. In questa mia valutazione, il reddito di cittadinanza dovrebbe essere garantito a livello di singolo individuo attraverso un assegno destinato all’universalità dei cittadini per l’intero corso della loro vita, qualsiasi sia la loro posizione lavorativa, il genere e l’età . Si tratterebbe di un reddito incondizionato, dove l’unico requisito sarebbe l’essere «cittadino italiano» (o residente in Italia da un certo periodo); l’assegno è versato su un «conto fiscale» intestato alla singola persona. Il reddito di cittadinanza dovrebbe essere fiscalmente esente da imposte personali e dai contributi sociali, sia di quelli a carico del soggetto che dell’eventuale suo datore di lavoro. L’amministrazione pubblica dispensa l’assegno, ma, nel caso degli occupati e dei pensionati (e soggetti con analoga regolare remunerazione nel tempo), è l’impresa o l’amministrazione previdenziale a erogare la parte del salario o stipendio corrispondente al reddito di cittadinanza sul conto fiscale del soggetto.
Alla cessazione o interruzione del rapporto di lavoro l’onere della sua corresponsione passa all’amministrazione pubblica. Il reddito di cittadinanza riassorbe tutti i sussidi (di disoccupazione, di povertà ecc.) e le prestazioni sociali (pensioni sociali ecc.) esistenti; esso può essere integrato da assegni integrativi per specifiche situazioni dovute a motivi sociali (varie inabilità ) o per condizioni lavorative (pensioni integrative, cassa integrazione ecc.), le cui finalità , essendo nettamente distinta da quella del reddito di cittadinanza, vanno trattate in maniera del tutto distinta.
Il reddito di cittadinanza dovrebbe essere inteso come un «dividendo sociale» (…). Si deve considerare che una quota della produttività di cui le imprese si appropriano dipende dall’utilizzo di risorse umane (istruzione, cure famigliari ecc.), sociali (fiducia, cooperazione ecc.), ambientali (natura, infrastrutture ecc.) che sono disponibili liberamente in quanto frutto di una passata attività collettiva (pubblica e privata) non appropriabile.
La versione completa dell’articolo è disponibile su www.sbilanciamoci.info
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