by Sergio Segio | 19 Maggio 2013 8:33
ROMA — Piazza piena, ma con assenze pesanti: ieri la Fiom di Maurizio Landini ha portando in corteo oltre 50 mila persone in quella che si può definire la prima manifestazione nazionale contro il governo Letta. Ma a farsi notare non sono stati tanto gli slogan, le tute blu, i lavoratori delle aziende in crisi che hanno invaso Piazza San Giovanni, quanto chi ha deciso di non presentarsi a quell’appuntamento: il Pd, presente in ordine sparso, ma non con il suo nuovo vertice, né con un’adesione ufficiale.
C’erano diversi suoi uomini — da Fabrizio Barca a Matteo Orfini, da Sergio Cofferati a Pippo Civati e Corradino Mineo — c’era Sel di Nichi Vendola e c’era una delegazione del Movimento 5 stelle. Ma Guglielmo Epifani, che fino a pochi anni fa saliva sullo stesso palco come segretario della Cgil, la «casa-madre» della Fiom, ieri — da leader del partito di maggioranza — in quella piazza non c’era.
Un’assenza che Landini ha fatto notare già durante il corteo («Chi non c’è parla da solo») ma ancor più quando è salito sul palco. «Noi abbiamo invitato tutti a questa manifestazione — ha precisato — e non capisco come si possa essere al governo con Berlusconi e aver paura di essere qui».
Chiaro l’obiettivo della giornata di protesta, dal titolo “Non possiamo più aspettare”: «Siamo in questa piazza perché non rinunciamo alla nostra idea di fondo: vogliamo cambiare il Paese e mandare a casa chi ha prodotto questo disastro». Chiaro anche il fatto che alla Fiom, il governo nato dalla convivenza fra Pd e Pdl, non piace per niente: «Rischia di essere bloccato sotto il ricatto di Berlusconi: mi pare che oggi il problema non sia tanto quello che succede fuori, ma quanto accade dentro l’esecutivo, che non é in grado di risolvere i problemi del Paese» ha detto Landini. «Senza discontinuità questo governo non avrà lunga durata. E se non sarà capace di cambiare quanto fatto da Monti e Berlusconi, metteremo in campo tutte le nostre iniziative: hanno cercato di usare la crisi per cancellare i diritti, noi vogliamo offrire un nuovo terreno di riunificazione».
La proposta che lancia la Fiom fa perno sulla difesa del lavoro. E’ questa infatti, per i metalmeccanici, l’unica priorità , non certo la sospensione dell’imposta sugli immobili. «L’-I-mu è una tassa costruita con i piedi — ha detto Landini — ma non penso che il problema sia quello di cancellarla per tutti, la questione è tassare la ricchezza e redistribuirla». Sul come recuperare le risorse da destinare al lavoro la Fiom ha un’idea chiara: «Tutte le volte che avanziamo proposta arriva il bocconiano di turno e ci chiede: “Dove trovare i soldi?” Bene, non è difficile, ce lo suggerisce la Banca d’Italia. Negli ultimi venti anni, 15 punti di Pil, 230 miliardi, sono passati dai salari ai profitti. Recuperiamoli e investiamoli in un piano straordinario per l’occupazione ».
Osannati dalla piazza gli interventi di Stefano Rodotà , sulla necessità di difendere e applicare la Costituzione, e di Gino Strada di Emergency quando ha detto che in Italia «c’è una guerra contro i poveri». Contestazioni e fischi, invece, quando dal palco ha parlato il segretario confederale della Cgil Nicola Nicolosi, anche perché la base avrebbe preferito la presenza di Susanna Camusso. Oltre che con il Pd, infatti, la Fiom ha — da sempre — qualche problema anche con la Cgil e l’arrivo di Epifani alla leadership del Pd non ha migliorato le cose. Fra i pochi vertici della «casa-madre» presenti in piazza ieri c’era Carla Cantone, segretario generale dei pensionati della Spi-Cgil: «Non trovo opportuno che un ex segretario della Cgil sia ora segretario del Pd — ha commentato —. E’ una sua scelta e la rispetto, ma in quanto segretario del Pd Epifani avrebbe fatto un’ottima cosa a farsi vedere dai metalmeccanici. Ora la Cgil dovrà ancor di più dimostrare la sua autonomia,
sono certa che lo farà ».
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