by Sergio Segio | 13 Maggio 2013 8:12
ANKARA — È tensione altissima fra Turchia e Siria, dopo gli attentati che hanno straziato la città frontaliera di Reyhanli, uccidendo 46 persone e ferendone un centinaio. La Turchia punta il dito con la massima decisione contro il regime di Bashar Assad. «Damasco cerca di trascinarci verso uno scenario catastrofico», ha attaccato il premier turco, Recep Tayyp Erodgan. Le autorità di Ankara hanno arrestato nove cittadini turchi, accusati di avere organizzato gli attentati in collegamento con i servizi di sicurezza siriani. Ma Damasco respinge le accuse: «La Siria non ha compiuto e non avrebbe mai compiuto un atto simile, non perché non ne abbia la capacità ma perché i suoi valori non lo permettono », ha dichiarato il ministro dell’Informazione, Omran al-Zohbi. Secondo il ministro, è a Erdogan, definito «un assassino», e al suo partito che si dovrebbe chiedere di render conto dell’attacco. Damasco accusa Erdogan di aver sostenuto i miliziani qaedisti che combattono contro Assad e che, dice Zohbi, sono responsabili degli attentati.
Il primo ministro turco ha comunque assicurato che «la Turchia non si farà trascinare nel pantano della guerra». «Dobbiamo mantenere il sangue freddo di fronte agli sforzi e alle provocazioni mirati a trascinarci nel pantano in Siria», ha aggiunto Erdogan, «presto o tardi chi ha attaccato la Turchia sarà chiamato a renderne conto».
Il governo di Ankara sembra molto sicuro nel puntare il dito contro il regime siriano: secondo il vicepremier Besir Atalay, gli attentati sono «una provocazione per creare risentimento verso i profughi siriani». Attorno al villaggio di Reyhanli vivono 25.000 profughi siriani e alcuni di loro sono stati aggrediti dopo l’esplosione delle autobombe. Manifestanti hanno attaccato le auto siriane, sfasciandone i finestrini e chiedendo a gran voce la partenza di tutti i siriani dalla zona. Dopo l’inizio della guerra oltre confine,
la Turchia ha accolto più di 300.000 rifugiati, per lo più accampati lungo i 900 chilometri della frontiera con la Siria.
Anche il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu ha accusato la Siria: secondo lui, gli arrestati fanno parte di una vecchia organizzazione terroristica di ispirazione marxista, legata al regime di Assad. Il ministro si è detto certo che gli attentatori di Reyhanli siano gli stessi che hanno colpito nella cittadina siriana di Banias, una settimana fa, uccidendo 62 persone. Banias, sulla costa, è una piccola comunità sunnita, circondata da una robusta enclave alauita.
Davutoglu ha anche denunciato l’inazione della comunità internazionale sul conflitto siriano: «Gli ultimi attacchi dimostrano che una scintilla si trasforma in incendio quando la comunità internazionale resta in silenzio e il Consiglio di sicurezza dell’Onu non agisce»», ha dichiarato il capo della diplomazia di Ankara.
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