E COSàŒ IL MOVIMENTO SI PRENDE UNA STELLA IN PIà™

by Sergio Segio | 21 Maggio 2013 6:33

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E se anche l’intenzione non è quella di boicottare Grillo, il disegno di legge di Luigi Zanda e Anna Finocchiaro sta avendo un unico risultato: mostrare un Partito democratico spaventato dalla fioritura di gruppi politici che erodono anche il suo elettorato; e tentato di combatterli con una risposta più burocratica che politica. L’idea ha il demerito di essere percepita come un gesto insieme di debolezza e di prepotenza. Non è chiaro, infatti, il motivo che giustifica proprio adesso una norma per l’attuazione di un articolo della Carta fondamentale lasciato in sonno per oltre sessant’anni. La risposta del Pd è piccata. «L’interpretazione» secondo la quale l’iniziativa serve a «bloccare e andare contro i movimenti è una forzatura deformante», replica il partito in una nota ufficiale.
Di più, nasconderebbe «un’operazione di disinformazione». Il vero obiettivo, si fa presente, sarebbe quello di introdurre meccanismi che garantiscano partecipazione e trasparenza. E si addita il proprio modello di scelta dei gruppi dirigenti. Ma l’impressione è che la risposta non basterà  a togliere a Grillo un’occasione ghiotta di polemica con una forza politica alla quale conta di sottrarre altri consensi. E non solo perché con le sue crepe il Pd appare un modello a dir poco controverso. Il problema è la pretesa, discutibile in sé, di obbligare i movimenti a registrarsi per partecipare al voto e ottenere finanziamenti. «Il Movimento 5 Stelle non è un partito, non intende diventarlo e non può essere costretto a farlo», scrive Grillo sul suo blog.
«Se la legge di Finocchiaro e Zanda sarà  approvata in Parlamento, il M5S NON si presenterà  alle prossime elezioni». Quel «non» maiuscolo sa già  di campagna elettorale. E l’ex comico attribuisce ai «partiti», senza distinzione, l’eventuale responsabilità  di lasciare «milioni di cittadini senza rappresentanza». L’episodio gli permette sia di velare i contrasti interni e qualche imbarazzo sui finanziamenti del suo sito; sia di rivendicare il poco splendido isolamento per il quale ha optato. La proposta del Pd, la boccia Matteo Renzi, «è un modo per far vincere le elezioni a Grillo e ai grillini».
«Se vuoi vincere le elezioni» aggiunge il sindaco di Firenze alludendo ai tentativi della sinistra di sancire l’ineleggibilità  per legge di Berlusconi, «non puoi squalificare gli altri. Altrimenti gli italiani ti beccano e ti puniscono». L’errore tattico commesso con il disegno di legge è vistoso: tanto più perché si registra nelle stesse ore in cui il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha ricevuto Stefano Rodotà , giurista e candidato di Grillo per il Quirinale; per chiedergli di partecipare in qualche modo alle riforme istituzionali. La risposta di Rodotà  è stata garbata ma negativa.
Nè poteva essere molto diversa, in una fase in cui Palazzo Chigi è costretto a rintuzzare gli attacchi virulenti di Grillo, che teorizza una competizione elettorale fra il proprio movimento e Silvio Berlusconi: come se la sinistra e il Pd, di cui Enrico Letta è stato vicesegretario, fossero destinati a scomparire. «C’è chi fa e chi parla», replica il premier al leader del M5S, cercando di inchiodare Grillo alla realtà . Sa che per sgonfiare il sintomo più recente e sconcertante della protesta anti-sistema occorre governare e produrre risultati: l’unico modo per mostrare contraddizioni e inadeguatezza di un movimento da battere non con leggi che rischiano di suonare soprattutto strumentali, ma con la buona politica.

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