E Alemanno dà  la colpa al derby Roma

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ROMA — Alle nove di sera, col computer aperto sul sito del Viminale, i dati che scorrono e la sconfitta, al primo turno, che diventa sempre più netta, Gianni Alemanno — occhi stanchi, maniche di camicia, niente cravatta — ammette: «Ho sottovalutato il derby…». Non Ignazio Marino. O il giudizio dei romani. La finale di Coppa Italia è il «colpevole», secondo il sindaco uscente: «È stato — dice — un trauma impressionante per la città , e non abbiamo ben valutato il tifo calcistico, che ha bloccato 200 mila persone». Ma perché il derby avrebbe danneggiato il centrodestra? Forse perché le curve, romanista e laziale, è lì che votano? «Non è questo. Ma per la tipologia delle candidature: quella di Marino è più lontana dallo stadio». Vorrebbe dire che bisognava non giocare? «Hanno deciso prefetto, questore, la Lega calcio».
Al comitato di Alemanno, un ex deposito a ridosso della stazione Tiburtina, è il momento delle spiegazioni, delle giustificazioni, delle analisi. Il sindaco uscente si dice «non soddisfatto dal voto», ma non per sé: «È il dato sull’astensione quello che mi preoccupa di più. Direi la stessa cosa anche a parti invertite». Vai a sapere se è vero.
Per Alemanno, uno dei responsabili del non voto è proprio Marino: «Si è sottratto a tutti i confronti, non ha voluto affrontare un dibattito serio sui temi della città . Io, invece, ho parlato di cifre, fatti reali». Che il 30% circa che racimola rappresenti una bocciatura al suo governo, non gli viene in mente: «Fosse stato così, ci sarebbe stata una partecipazione molto più alta. Anche perché c’erano tutte le scelte possibili da fare: Grillo, Marchini, il centrosinistra, altre 15 liste». Anzi, quella fatta contro di lui e la sua giunta, «è solo fango, un’opera di diffamazione che ha avuto il suo apice con la puntata di Report intitolata Romanzo Capitale». Il centrodestra «ha fatto un’operazione verità  contro questa diffamazione e rispetto alle Regionali abbiamo recuperato». Glielo ha detto Francesco Storace, leader della Destra, sconfitto due mesi fa da Nicola Zingaretti. Eppure, da quando c’è l’elezione diretta dei sindaci, sia Francesco Rutelli che Walter Veltroni — al loro secondo mandato — vinsero col 60% dei voti già  al primo turno. «Ma il mondo — ribatte Alemanno — adesso è cambiato, non si possono fare paragoni. Ora chi governa è svantaggiato dalla crisi». Il sindaco dice di crederci ancora: «La sinistra canta vittoria, ma è solo il primo turno: ci sono solo 100 mila voti di scarto. Abbiamo centrato il primo obiettivo, andare al ballottaggio. Ora è un’altra elezione». Per farlo «proporrò un patto agli elettori sulla trasparenza nella gestione pubblica, e un appello: spero che anche Marino inviti la gente a votare». Cercherà  un accordo con Cinquestelle o con Marchini? «Il dialogo, più che con i candidati, è con gli elettori».
Nel comitato, Alemanno è circondato dai suoi «fedelissimi» e dagli ex an Maurizio Gasparri, Andrea Ronchi, Andrea Augello, Vincenzo Piso, l’ex udc (e aspirante vicesindaco) Luciano Ciocchetti. Lo stato maggiore degli ex Forza Italia, a partire dal coordinatore romano Gianni Sammarco, latita. C’è anche Fabio Rampelli che, con Giorgia Meloni, è tra i pochi a gioire: «Fratelli d’Italia ha triplicato i suoi voti». E si attesta intorno al 6%. Alemanno resta fino a tardi, con la moglie Isabella, a guardare i dati: «Il governo delle larghe intese può aver inciso, ma non possiamo boicottarlo». E l’impegno di Berlusconi? «Mi ha detto che stava accendendo ceri e pregando…». Ma se perde? «Farò il consigliere comunale. Non me la squaglio».


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