Dal sì al Mattarellum al no alla «riformina» La legge elettorale divide

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ROMA — La decisione della Cassazione di rinviare alla Corte costituzionale la decisione sulla legittimità  della legge elettorale è un potente stimolo nei confronti dei partiti. Ora tutti sono d’accordo nel sostenere che il Porcellum vada cancellato ma i distinguo, se non addirittura i dissensi, sorgono sui tempi dell’intervento da fare e sulla natura del ritocco: light, come è disposto ad accettare il Pdl che preferirebbe invece si facessero prima le riforme costituzionali, o pesante, come invoca il Pd pronto ad accelerare.
Nel ritiro della campagna senese, la scorsa settimana, il governo aveva trovato un punto di equilibrio nell’individuazione di «una clausola di salvaguardia» affidando al ministro per le riforme Gaetano Quagliariello l’incarico di cercare, ascoltando i partiti (non solo quelli della maggioranza di larghe intese), una soluzione. E la soluzione dovrebbe essere, stando agli orientamenti del ministro, quella di fare superare il sospetto di incostituzionalità  del Porcellum attraverso però, interventi di «manutenzione minima» sul sistema ora in vigore. Cosa, questa, ribadita ieri dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini, confermando così l’asse tra le principali forze politiche (Pdl e Pd) che sostengono il governo di larghe intese. «Sicuramente con l’attuale legge non si può tornare a votare», puntualizza Franceschini, richiamando «l’utilità  di una norma di salvaguardia che consenta anche, nel caso sciagurato che non si riescano a fare le riforme costituzionali, di non tornare a votare con il Porcellum». Il ministro avverte che «il Parlamento, la politica hanno il dovere di intervenire per correggere una cosa che produce un effetto così sbagliato e distorto. Penso che l’ordinanza della Cassazione possa essere anche una sollecitazione a intervenire». L’indirizzo del governo, aggiunge Franceschini, è appunto quello di mettere mano a una riforma organica del sistema di voto quando si completerà  il percorso delle riforme costituzionali.
Ora, però, il dibattito torna ad accendersi su come maneggiare il meccanismo elettorale. Sull’argomento interviene pure il presidente del Senato, Pietro Grasso, auspicando che se ne faccia in fretta una: «Se poi ci saranno delle riforme costituzionali si adatterà  quella elettorale alle altre che si andranno a fare».
Anna Finocchiaro (Pd), che presiede la commissione Affari costituzionali del Senato, avanza l’ipotesi di presentare una proposta di legge complessiva che, abolendo il Porcellum, consenta il ripristino del Mattarellum (il precedente sistema costituito da un maggioritario con correzione proporzionale). Il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, però, non ha ancora indicato quale sarà  il modello preferito dal suo partito, e si limita ad annunciare che «a giorni ci sarà  una nostra iniziativa».
Dall’altro lato dello schieramento, nel centrodestra, si insiste invece nell’affermare che «serve una riforma complessiva delle istituzioni», che la modifica dell’architettura dello Stato è una priorità . Il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi, è netto al riguardo: «Pensare a una riformina dell’attuale legge elettorale significherebbe ricadere immediatamente in un dibattito già  visto, deprimente, intorno a singoli interessi di partito e rinunciare alla possibilità  che questa legislatura vari finalmente una riforma organica delle nostre istituzioni». Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, entra nel merito proponendo di «lanciare subito una grande campagna per la Repubblica presidenziale, una vera risposta alla crisi del sistema: bisogna avere il coraggio di imprimere una svolta nella vita democratica, scegliendo il presidenzialismo. I tempi sono ormai maturi». Gasparri invita quindi a riflettere sui due possibili modelli: quello americano e quello francese, che in realtà  è un semipresidenzialismo.


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