Da Tunisi la dignità  e l’orrore L’importante è che se ne parli

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Sono partite con una lettera aperta dal titolo provocatorio «Apolidi nell’ordine cinico del mondo» scritta a febbraio dopo un’incontro via Skype con la signora Aminata Traorè, ex ministra della cultura del Mali, e ora persona non grata in Francia per le sue posizione pacifiste; sono arrivate a Tunisi per seguire il Forum Sociale Mondiale che aveva come titolo «La rivoluzione della dignità » e sono tornate a raccontarlo due giorni fa alla Casa Internazionale delle Donne a via Lungara.
«Sentiamo il bisogno di misurarci con le questioni che ogni giorno ci impone l’ordine cinico del mondo. Sentiamo la necessità  di ricominciare a tessere il faticoso percorso della prevenzione e risoluzione dei conflitti, che a ogni latitudine, tante donne cercano di costruire» – si legge in questa lettera firmata dalla Rete Internazionale delle donne per la pace. «Da vittime a protagoniste dirette di prove concrete di negoziati, di processi di pace. Sempre a partire da sé, dall’alveo della vita quotidiana», hanno scritto prima di sbarcare a Tunisi e ritornare con le immagini, i racconti e i propositi ancora più forti.
«Da questo appello e da questo viaggio vorremmo realizzare una pubblicazione» racconta Patrizia Salierno , delle Rete Internazionale e da sempre attiva sulle problematiche post conflitto del Ruanda. «Questo progetto di andare al Forum e partecipare ai workshop sulle donne e la soluzione dei conflitti è nato con un contatto diretto con Aminata Traorè – spiega Patrizia Sentinelli, fondatrice dell’associazione Altramente. «Vorremmo parlare anche delle donne migranti che vengono respinte – racconta Raffaella Chiodo, responsabile di aiuti umanitari per la Rete Internazionale delle Donne per la pace – vorremmo che vi sia solidarietà  per tutte le donne che vivono nei territori in guerra».
O che vivono in una terra come la Tunisia che ha lanciato la “primavera araba”. Ma «dalla rivoluzione c’è solo la libertà  di portare il velo integrale o meno» racconta in video una ragazza tunisina intervistata nel campus universitario in cui si è svolto il WSF(dal 26 al 30 marzo). Commento duro che rallenta quella realizzazione di un “mondo migliore” pensato alle origini del World Social Forum di Porto Allegre. Ma la questione del velo sulle donne è stata una questione politica al Social Forum ed è giusto parlarne in questo incontro romano. Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 – ricordano -i salafiti avevano occupato l’Università  Manouba perché il rettore non voleva ammettere alla facoltà  due studentesse con il velo integrale, il Niqab. Un velo che lascia appena appena visibili il taglio degli occhi e che intende mettere il marchio di una cultura sulle altre portando all’anonimato qualsiasi donna, tanto che durante il Forum- racconta una giornalista della delegazione – era impossibile identificarle e riconoscerle.
«Ogni giorno – dice la sociologa Anna Maria Rivera – c’era un sit-in di protesta contro l’ex ministra Sihem Badi, di donne che venivano dal Sud della Tunisia per una questione irrisolta su un abuso sessuale di una bambina avvenuto in un asilo». Un orrore, certo, ma grazie al Forum se ne è parlato.


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