Da Guantanamo all’Europa, i diritti dei senza voce

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«L’assenza di soluzioni efficaci per fermare i conflitti sta creando una sottoclasse globale. I diritti di chi fugge da quei conflitti non vengono protetti. Troppi governi stanno violando i diritti umani in nome del controllo dell’immigrazione, agendo ben al di là  delle legittime misure di controllo alle frontiere», ha dichiarato Carlotta Sami, direttrice generale di Amnesty International Italia, illustrando il Rapporto, pubblicato da Fandango Libri.
I governi – dice ancora Amnesty – sono più interessati alla protezione delle frontiere nazionali che a quella dei loro cittadini o di chi quelle frontiere oltrepassa chiedendo un riparo o migliori opportunità . Così, per via delle politiche contrarie all’immigrazione, milioni di migranti vengono trascinati «in un ciclo di sfruttamento, lavori forzati e abusi sessuali». Nel corso del 2012 – prosegue il Rapporto – chi ha cercato di fuggire da conflitti e persecuzione attraversando i confini internazionali ha trovato di fronte a sé incredibili ostacoli. I rifugiati che sono riusciti a raggiungere altri paesi per chiedere asilo si sono spesso trovati nella stessa barca – non solo metaforicamente – coi migranti che lasciavano il loro paese in cerca di una vita migliore per se stessi e le loro famiglie. Molti degli uni e degli altri ora sono costretti a vivere ai margini della società , penalizzati da leggi e prassi inadeguate, presi di mira «da quella forma di retorica nazionalista e populista che alimenta la xenofobia e accresce il rischio di atti di violenza nei loro confronti». Sotto accusa le misure di controllo alle frontiere messe in campo dall’Unione europea: mettono a rischio la vita dei migranti e dei richiedenti asilo e non garantiscono la sicurezza delle persone che fuggono da conflitti e persecuzione. In varie parti del mondo, migranti e richiedenti asilo finiscono regolarmente nei centri di detenzione e persino in container per la navigazione o gabbie metalliche. «È stato più difficile per i rifugiati varcare le frontiere che per le armi alimentare la violenza nei luoghi dai quali cercavano di allontanarsi», accusa Amnesty.
Un capitolo del Rapporto è dedicato agli Stati uniti. Durante l’anno sono stati messi a morte 45 uomini e hanno continuato a destare preoccupazione le terribili condizioni nelle carceri. Decine di detenuti sono rimasti in detenzione militare indefinita a Guantà¡namo. Sono proseguite le fasi preprocessuali di sei casi giudiziari in cui l’amministrazione intendeva chiedere la pena di morte, a seguito di processi celebrati davanti a una commissione militare. Ha continuato a essere motivo di preoccupazione l’impiego di forza letale nel contesto dell’«antiterrorismo», così come il ripetersi di denunce di uso eccessivo della forza in operazioni di ordine pubblico. Precisa e dettagliata la denuncia di Amnesty in merito a Guantà¡namo. A fine anno, a quasi tre anni dalla scadenza fissata dal presidente Obama per la chiusura della struttura – accusa il Rapporto – nella base erano ancora trattenuti 166 uomini, la stragrande maggioranza dei quali senza accusa o processo penale.


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