Così l’astensione ha travolto i 5 Stelle Abbandonati da quasi sei elettori su dieci

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Il declino del M5S costituisce uno dei segnali più significativi emersi da queste elezioni. Come si sa, alle ultime politiche, l’ex comico genovese ebbe un successo assai ampio, tale da fargli conquistare circa un quarto dell’elettorato. Le molteplici analisi (si veda in particolare il saggio di Roberto Biorcio e Paolo Natale, «Politica a 5 Stelle», Feltrinelli, 2013) effettuate sul voto grillino hanno mostrato come l’M5S abbia raccolto diversi tipi di elettorato, tutti caratterizzati però, seppure per motivazioni diverse, dalla disaffezione e dalla protesta verso il mondo della politica e i suoi protagonisti.
In queste amministrative l’M5S è andato incontro ad una vera e propria débà¢cle. Considerando i 16 capoluoghi di provincia in cui si è votato, l’M5S è passato dal 26,3% all’11%, con un calo di ben il 15,3%. In questo modo, Grillo ha perso ben il 58,2% dei voti che aveva raccolto solo tre mesi fa. Il decremento si è manifestato con maggiore intensità  al Sud e in Sardegna, ove Grillo ha perso quasi il 23%. Nelle altre zone del Paese, il calo è stato di dimensioni un po’ inferiori, ma altrettanto significativo: 12,4% al Nord Ovest, 16% al Nord Est e 14,8% al Centro. Di maggiore entità  sono le perdite avvenute a Viterbo (-25,6%), Imperia (-25,1%) e Barletta (-22,7%). Ma anche nella stessa Roma, il comune maggiore in cui si è votato, l’M5S ha perduto il 14,5%.
Dove sono finiti i voti che Grillo aveva raccolto alle politiche? L’analisi dei flussi elettorali a Roma ci può dare al riguardo indicazioni utili. Si rileva anzitutto per l’M5S un tasso di riconferma assai modesto, se confrontato a quello degli altri partiti. Solo poco più di un quarto (26%) di quanti avevano optato per il M5S a febbraio hanno ripetuto il loro voto. I tassi di riconferma sono stati superiori nel caso di altri partiti. Il 51% dei votanti per il Pd a febbraio ha scelto nuovamente il partito di Epifani. E il 43% dei votanti per il Pdl alle politiche ha confermato la sua opzione per il partito (ma un ulteriore 17% ha votato comunque un’altra forza politica che sosteneva Alemanno). I quasi tre elettori su quattro che hanno abbandonato l’M5S si sono diretti in misura abbastanza omogenea verso le altre forze presenti nella competizione, chi con Marino, chi con Alemanno, chi con Marchini. Ma la netta maggioranza (40%) ha deciso di rifugiarsi nell’astensione. Per molti non si trattava di una novità . Infatti, come si è sottolineato a suo tempo, buona parte del voto alle politiche del M5S proveniva da quanti, in precedenza, avevano preferito disertare le urne. E, non a caso, quasi un quarto (26%) dei votanti attuali per l’M5S si era astenuto nelle consultazioni precedenti. Peraltro, il flusso verso le astensioni si rileva anche per gli altri partiti: ha infatti abbandonato le urne l’11% dei votanti per il Pd alle politiche e addirittura il 26% di quanti avevano invece, sempre a Roma, optato a febbraio per il Pdl.
Insomma, come molti osservatori hanno sottolineato, è la forte crescita delle diserzioni dal voto a spiegare il calo di Pd (-2,7% rispetto alle politiche) e di Pdl (-2,2%), ma, specialmente, del M5S.
È ragionevole ipotizzare al riguardo che, nella scelta di abbandonare Grillo e scegliere di non recarsi al voto, abbia giocato una sorta di delusione diffusa nei confronti del M5S. A molti è sembrato che i grillini si dedicassero troppo a questioni di organizzazione interna (come la rendicontazione o la decisione con quali giornalisti parlare) e troppo poco a proposte concrete che riguardassero più direttamente la vita quotidiana dei cittadini e sulle quali, peraltro, Grillo aveva basato gran parte della propria campagna elettorale. Ancora, i sondaggi effettuati a suo tempo hanno mostrato come una quota considerevole di votanti per Grillo avrebbe preferito che il M5S sottoscrivesse l’accordo di governo proposto a suo tempo dal Pd di Bersani, anziché rifugiarsi in un’opposizione, da molti ritenuta sterile.
Questi ed altri fattori possono avere influito sul significativo decremento dei consensi a Grillo. Ma sarebbe un errore interpretare i risultati di queste consultazioni come l’indicazione certa dell’inizio della fine per il movimento dell’ex comico genovese. Infatti, il successo di Grillo dipende in buona misura dal comportamento degli altri partiti presenti sullo scenario politico. Se questi ultimi sapranno fare le riforme promesse e rispondere così ai desiderata più volte espressi dagli italiani, Grillo avrà  meno spazio. Se viceversa, i partiti — e, di conseguenza, il governo — non saranno in grado di realizzare i numerosi interventi concreti promessi anche in queste ultime settimane (a partire dalla riforma elettorale attesa invano già  da molti mesi) il M5S potrebbe trovare una nuova linfa e un ritorno di consensi.


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