Assistenti familiari, in Italia è boom: sono 1 milione 655 mila

by Sergio Segio | 14 Maggio 2013 13:32

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ROMA – Boom di assistenti familiari nelle case degli italiani: sono 1 milione 655 mila, +53 per cento in dieci anni, ma nel 2030 ne serviranno 500mila in più. È quanto emerge da una ricerca realizzata dal Censis e dall’Ismu per il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e presentata oggi a Roma. Secondo lo studio, infatti, il numero dei collaboratori che prestano servizio presso le famiglie, con formule e modalità  diverse, è passato da poco più di un milione nel 2001 all’attuale 1 milione 655mila (+53 per cento), registrando la crescita più significativa nella componente straniera, che oggi rappresenta il 77,3 per cento del totale dei collaboratori. Sono 2 milioni 600mila le famiglie (il 10,4 per cento del totale) che hanno attivato servizi di collaborazione, di assistenza per anziani o persone non autosufficienti, e di baby sitting, mentre si stima che, mantenendo stabile il tasso di utilizzo dei servizi da parte delle famiglie, il numero dei collaboratori salirà  a 2 milioni 151mila nel 2030, cioè circa 500mila in più.

È la “forte destrutturazione”, secondo il rapporto, la caratteristica principale dei servizi di collaborazione domestica in Italia, anche nei casi di assistenza specialistica a persone non autosufficienti. “Si configurano come un lavoro domestico a tutto tondo – spiega il Censis -, con una quota dell’83,4 per cento dei collaboratori occupati nel governo della casa, fino all’assistenza avanzata a persone non autosufficienti (15,3 per cento) e a bambini (18,3 per cento). C’è poi una sottovalutazione del valore delle competenze, visto che solo il 14 per cento dei collaboratori ha seguito un percorso formativo specifico, sebbene il 60 per cento di essi si occupi dell’assistenza di una persona anziana”. A mancare, spiega il rapporto, è anche l’intermediazione nel rapporto di lavoro. “Solo il 19 per cento delle famiglie si avvale di intermediari per il reclutamento. Ed esiste un’ampia area di lavoro totalmente irregolare (il 27,7 per cento dei collaboratori) e “grigio” (il 37,8 per cento) che si accompagna però al progressivo consolidamento di un quadro di tutele. La scelta lavorativa dei collaboratori ha un carattere residuale, se il 71 per cento di essi si trova nell’attuale condizione per necessità  e il 35,4 per cento perché ha perso il precedente lavoro (tra gli italiani la percentuale sale al 41%)”. Tuttavia, le opportunità  occupazionali e reddituali fanno apprezzare ai più la scelta compiuta: la maggioranza (il 70 per cento) considera l’attuale occupazione ormai stabile e solo il 16 per cento sta cercando attivamente un lavoro più soddisfacente.

Nonostante i numeri, non mancano le difficoltà  da parte delle famiglie e non solo nella fase del “reclutamento”. Secondo la ricerca, le famiglie chiedono oltre a sgravi di natura economica, una maggiore semplificazione per l’assunzione e la regolarizzazione dei collaboratori, ma anche servizi che sul territorio favoriscano l’incontro tra domanda e offerta. Più di una famiglia su tre, inoltre, vorrebbe l’istituzione di registri di collaboratori al fine di garantirne la professionalità , il 39 per cento vorrebbe invece che venissero create o potenziate le strutture che si occupano di reclutamento, mentre una su quattro sarebbe pronta ad affidarsi totalmente a un’agenzia privata che sollevi la famiglia da tutte le incombenze di carattere burocratico e gestionale.

 

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