Artico. Corsa agli ultimi giacimenti

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NEW YORK. Scordatevi il G8 e il G20, perfino i Brics passano di moda: di colpo il club geostrategico più ambito è il Consiglio Artico. La chiamano anche “Cold Rush”, gioco di parole sulla più celebre Gold Rush. Ora è la febbre del freddo a sostituire la corsa verso l’oro. Con il cambiamento climatico, il Polo Nord e tutta la zona dell’Artide suscitano appetiti economici, militari, e timori ambientalisti. Ieri il Consiglio Artico ha deciso su 14 nuove domande di adesione, accettandone sei. I membri permanenti sono solo otto e tali resteranno: Stati Uniti, Canada, Russia, più le cinque nazioni dell’Europa nordica che vantano prerogative territoriali su qualche zona dell’Artide. Gli altri 14 si sono messi in fila per ottenere lo status di “osservatori permanenti”. In un summit in Svezia, sono state accolte Cina, Corea del Sud, India, Italia, Giappone, Singapore. Altri per ora dovranno aspettare, compresa l’Unione europea che voleva essere ammessa in quanto tale. Contro l’Ue ha posto il veto il Canada, come rappresaglia per una serie di contenziosi che oppongono Ottawa a Bruxelles: la messa al bando del commercio di pelli di foca e del petrolio estratto dalle sabbie bituminose dell’Alberta.
I nuovi entranti nel Consiglio Artico non possono fare granchè: lo statuto vieta agli osservatori di presentare mozioni e proposte. Eppure l’affollamento di queste candidature esterne la dice lunga. Dal 1996, anno della sua creazione, il Consiglio Artico aveva vissuto nell’oscurità , ricevendo scarsa attenzione. Tutto è cambiato grazie al riscaldamento della temperatura oceanica che scioglie i ghiacciai. Di colpo l’Artide rivela delle attrattive enormi. Secondo le stime dello U.S. Geological Survey, sotto il circolo polare artico si il 22% delle riserve mondiali inesplorate di petrolio e gas naturale (per la precisione il 13% del petrolio e il 30% del gas). Un tempo questi giacimenti energetici erano inaccessibili, ora per l’effetto congiunto della ritirata dei ghiacci e del progresso tecnologico l’estrazione può diventare redditizia.
L’altra opportunità  economica legata al ritrarsi dei ghiacci è l’apertura di nuove rotte per la navigazione. Le “rotte del Nord” accorciano notevolmente i tempi di trasporto per le grandi navi abbattendo i costi dei noli. Non a caso tra le nazioni neo-ammesse nel Consiglio Artico figurano le potenze asiatiche che dominano sia la cantieristica navale sia il business della marina mercantile: Cina, Giappone, Corea del Sud e Singapore.
Spunta perfino un rinnovato interesse geostrategico. Il Polo Nord era stato conteso all’epoca della guerra fredda tra Usa e Urss, poi con la fine dell’impero sovietico fu dimenticato. Ora torna ad essere concupito dai militari, dopo che gli Stati Uniti hanno cotroverebbero minciato a dispiegare in Alaska nuove batterie d’intercettazione anti-missili per prevenire la minaccia nordcoreana. La Russia sta potenziando la sua flotta di sottomarini nucleari in grado di affrontare lunghe immersioni sotto la calotta polare. Il Canada rafforza la sua presenza militare. Tutto si lega: anche l’interesse dei militari è una conseguenza della scoperta dell’Artide come nuova rotta per i flussi della navigazione globale. La Cina quando era presidente Hu Jintao corteggiò a lungo Paesi membri del Consiglio Artico come la Danimarca e l’Islanda, offrendo investimenti e vantaggiosi accordi commerciali, pur di garantirsi i loro voti favorevoli sull’ammissione nel nuovo club più esclusivo del pianeta.
L’allargamento del Consiglio Artico viene visto con favore anche dagli ambientalisti. All’origine questo organismo nacque per occuparsi prevalentemente di problemi ambientali, fu il luogo dove poteva svilupparsi la cooperazione tra le varie missioni di scienziati impegnati a studiare il cambiamento climatico nelle condizioni estreme del Polo Nord. Ora, l’ingresso di nuovi Stati membri è salutato come un fattore di trasparenza. «Ciò che accade al Polo Nord deve preoccupare tutto il resto del mondo, è importante che il Consiglio Artico sia aperto al più ampio numero di protagonisti», ha dichiarato ieri Ruth Davis di Greenpeace. Come ha ricordato il segretario di Stato Usa, John Kerry, quell’area del pianeta può diventare la prossima vittima di catastrofi ambientali come naufragi di petroliere e nuove “maree nere”. Peccato che il Consiglio Artico, per ora, sia un organo consultivo senza poteri di legiferare.


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