Armi ai ribelli, missili russi a Damasco

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BRUXELLES — La Russia accusa l’Europa di «minare» la possibilità  di organizzare una conferenza internazionale sulla crisi siriana e conferma la decisione di inviare le batterie antiaeree di missili S-300 al regime di Assad, suscitando la dura reazione di Israele. E’ questo il primo disastroso risultato della decisione europea di non rinnovare l’embargo sulla fornitura di armi ai ribelli siriani, arrivata nella notte tra lunedì e martedì dopo dodici ore di inutili negoziati.
Più che di una decisione, che ha ricevuto il plauso degli Stati Uniti, si è trattato in realtà  di un fallimento. Il rinnovo dell’embargo, infatti, richiedeva una decisione unanime dei ministri degli Esteri dei Ventisette. Ma la Gran Bretagna, spalleggiata dalla Francia, ha posto il proprio veto e si è dimostrata sorda a tutte le proposte di compromesso avanzate dalla Germania e dall’Italia. Così, nonostante la stragrande maggioranza dei Paesi fosse favorevole a mantenere la sospensione della fornitura di armi, l’embargo non ha potuto essere confermato e cadrà  dunque al primo di giugno.
Ad aggiungere confusione al fallimento ci ha pensato l’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, che nella notte ha annunciato che ci sarebbe stata comunque una moratoria fino ad agosto sulla vendita di armi agli insorti. Annuncio prontamente smentito sia dal Foreign Office sia dal Quai d’Orsay. In realtà  i ministri, confermando le restrizioni già  decise a carico del regime di Assad, hanno solo convenuto di ridiscutere la questione delle armi ai ribelli il primo agosto, quando la stessa Ashton presenterà  l’ennesimo rapporto sulla questione. Dal primo giugno ad agosto, dunque, ogni Paese ha le mani libere anche se nessuno, neppure la Francia e la Gran Bretagna, ha annunciato l’intenzione di cominciare subito la fornitura di armi.
La fine dell’embargo è stata voluta da Londra e Parigi per avere uno strumento di pressione sul regime siriano al tavolo della Conferenza internazionale che si dovrebbe aprire a Ginevra. Ma ora proprio quella decisione rischia di complicare l’apertura della Conferenza, resa difficile anche dalle divisioni dell’opposizione siriana che non riesce a nominare i propri delegati, e dal veto francese alla partecipazione dell’Iran, che Mosca considera invece indispensabile. Ma nella burrascosa riunione del Consiglio esteri, la principale obiezione mossa alle richieste anglo-francesi era il rischio che le armi fornite ai ribelli finiscano poi in mano agli integralisti islamici legati ad Al Qaeda che stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante sul terreno. Secondo il vice-cancelliere e ministro degli esteri austriaco Michael Spindelegger si tratta di una decisione «contraria ai principi dell’Europa, che è una comunità  di pace».
Anche la ministra degli esteri italiana, Emma Bonino, alla sua prima riunione europea, è apparsa contrariata dal fallimento del Consiglio. «Non è certo una conclusione gloriosa», ha spiegato ai cronisti. «La tentazione di rinazionalizzare certe competenze, che invece sono ormai nel quadro europeo, è stata molto evidente, e non solo da chi voleva un superamento dell’embargo».
Secondo la Bonino, comunque, l’Italia non dovrebbe partecipare all’eventuale fornitura di armi ai ribelli: «Questa è una decisione che tocca al Consiglio dei Ministri, ma la mia proposta è di non andare in questo senso». La responsabile degli Esteri è stata anche molto critica nei confronti della Ashton e della sua debole gestione del Consiglio: «A forza di presentare opzioni e non proposte, certo non si aiuta il dibattito ad arrivare a delle conclusioni. E’ chiaro che se non si arriva a una proposta sul tavolo su cui lavorare, la discussione rischia di continuare con giri di tavolo infiniti».


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