Usa, accordo con i repubblicani Obama batte la lobby delle armi
NEW YORK — Nel giorno in cui democratici e repubblicani trovano un’intesa che potrebbe spianare la strada alla legge sul controllo delle armi, Michelle Obama scende in campo nell’affiancare il marito presidente in una delle battaglie chiave del suo secondo mandato. La First Lady parla e si commuove nella sua Chicago e ricorda Hadiya Pendleton, la majorette uccisa vicino alla scuola pochi giorni dopo aver ballato alla cerimonia d’insediamento di Barack: «Non riesco a immaginare come si sentano i suoi genitori, perché è come se io fossi lei e lei fosse me. La sua storia è simile alla mia. Sono cresciuta anch’io qui, come lei. Non sto parlando di un qualcosa che è successo in una zona di guerra ma di qualcosa che è successo in questa città che è la nostra casa». Gli applausi la interrompono spesso: «Non è possibile che molti ragazzi vivono in quartieri dove andare al funerale di amico è quasi normale. Dobbiamo reagire».
La giornata era iniziata con una vittoria per Obama. «Un primo passo», come dicono i due protagonisti dell’accordo Joe Manchin, democratico, e il collega repubblicano Patrick Toomey, ma un «passo decisivo», come osservano molti commentatori. L’intesa, dopo mesi di stallo, dà il via libera al primo voto (solo procedurale) che ci sarà oggi in Senato. La speranza è che il nuovo testo serva a sconfiggere il muro di opposizione repubblicana che ancora rimane in piedi, con il gruppo di irriducibili — guidati dal leader dell’opposizione Mitch McDonnel e da Marco Rubio, l’Obama latino — deciso a non fare passare nulla, nemmeno il più piccolo compromesso.
Punto chiave i “background checks”, ovvero i controlli preventivi a cui sottoporre chi decide di comprare un’arma. Obbligo che dovrebbe essere esteso anche agli acquisti nelle fiere e a quelli online, mentre non sarà allargato alle compravendite private come avrebbero voluto i Democratici (che hanno ceduto per non far fallire anche questa mediazione). La partita al Congresso però è ancora aperta. «Siamo all’inizio, non alla fine del nostro lavoro», spiegano i due protagonisti nella conferenza
stampa. «Dobbiamo trovare un terreno comune su cui muoverci. Questo accordo però è fondamentale per lo sblocco della situazione ». Poi le parole vanno alla tragedia di Newtown, decisiva nel rilanciare la riforma: «Quella strage ha cambiato per sempre il nostro Paese e per questo dobbiamo avere un comune senso della misura per far sì che non succeda più» dice Joe Manchin. E Patrick Toomey aggiunge, sperando di tranquillizzare gli oppositori senza se e senza ma: «Sono un proprietario di armi e credo che il secondo emendamento sia fondamentale, il nostro progetto vuole togliere le pistole dalle mani dei criminali e delle persone con problemi mentali non da chi ha il diritto di possederle».
Non si convince però la National Rifle Association, l’associazione degli armaioli, che con un secco comunicato fa sapere che «estendere il background check alle fiere e ai siti Internet non ci aiuterà a difendere i nostri bambini». Che però continuano a morire, come il piccolo di sei anni colpito a morte per sbaglio da un amichetto di quattro che si è trovato tra le mani la pistola di papà . Più sensibile l’opinione pubblica, tanto che un sondaggio della Cnn rivela che il 90% degli americani è favorevole a misure più severe anche se molti continuano ad avere paura che una nuova legge possa portare a un divieto totale. In questo sentiero sottile si dovranno muovere i pontieri dei due schieramenti a partire da oggi. Per sanare quella che per Obama è «una ferita aperta nel cuore dell’America».
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