by Sergio Segio | 23 Aprile 2013 6:27
Il presidente della Repubblica appena rieletto aveva invitato a farlo per anni, inutilmente, ricevendo in cambio solo «tanti nulla di fatto», ha voluto ricordare con parole dure per quanti ieri lo hanno applaudito ripetutamente. È il modo in cui riporta in modo ultimativo la politica alle proprie responsabilità . E non perché ora può sciogliere le Camere: Napolitano avverte che non è al Quirinale per «prendere atto dell’ingovernabilità ».
Vuole che l’Italia abbia un governo; e intende darglielo al più presto. La sua rielezione è un fatto storico inedito. Ed è figlia di una fase eccezionale. Ebbene, in nome di questa eccezionalità si impone un accordo fra Pd e Pdl. Da questo punto di vista la lettura della crisi è preoccupata, perfino allarmata. Ma la reazione che viene proposta non ha nulla del piccolo cabotaggio, dell’espediente per andare avanti un po’. Napolitano chiede ai partiti di archiviare un approccio che è diventato «regressione». E di mettersi d’accordo perché altrimenti è lo sfascio.
La sua arma di fronte alla «sordità » dei partiti potrebbe, certo, essere quella di rimandare tutti a casa. Ma l’impressione è che il patto stretto con quanti, dal Pd al Pdl al partito del premier Mario Monti, gli hanno chiesto di rimanere, va visto in positivo: facendo in modo che tutti riconoscano un risultato elettorale del 24 e 25 febbraio senza vincitori; e che ne traggano le conseguenze. O i partiti lo capiscono, mettendo da parte veti incrociati che hanno prodotto lo «stallo fatale» esaltato dalle ultime vicende parlamentari, oppure Napolitano ne trarrà «le conseguenze di fronte al Paese».
Può significare che scioglierà il Parlamento, ma forse è troppo scontato. La sensazione è che non accetterebbe di continuare un impegno gravoso per l’età , se i partiti continuassero a non capire; che si dimetterebbe, additando le colpe di chi lo ha rieletto. La pretesa contrapposizione «tra Parlamento e piazza», messa in scena nei giorni scorsi «in modo avventuroso e fuorviante» dal movimento 5 stelle di Beppe Grillo, non ha lasciato indifferente il capo dello Stato.
Ma con la disamina pignola e quasi feroce delle numerose inadempienze dei partiti, Napolitano sembra comprendere implicitamente la protesta di una parte dell’opinione pubblica, e il successo elettorale grillino col peso «che gli spetta» alle Camere. Il presidente della Repubblica, però, invita l’M5S a farsi valere in Parlamento; a scegliere la strada della democrazia costituzionale per far sentire la voce di chi gli ha dato tanti consensi. Altrimenti, il rischio è di essere risucchiato in una logica sterile. Può essere un elemento di riflessione minore, ma il meno 8 per cento del movimento rispetto alle politiche di febbraio nel voto in Friuli di ieri forse è un primo segno che il carisma di Grillo si sta già appannando.
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