Tra Grillo e Quirinale sfida (verbale) sui «moralisti fanatici»

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ROMA — Da una parte uno scontro verbale tra Beppe Grillo e l’attuale inquilino del Colle, Giorgio Napolitano. Dall’altra l’inizio delle operazioni per la scelta online del candidato alla presidenza della Repubblica, con mille timori e perplessità  su un esito per nulla scontato. In queste ore il Quirinale è più che mai nei pensieri e nelle preoccupazioni del Movimento 5 Stelle. I dirigenti intravedono nella battaglia del Colle il rischio che si ripeta la spaccatura che si è avuta con l’elezione del presidente del Senato e stanno lavorando per capire come arginare le scelte del popolo della rete che andassero in direzioni stravaganti o incontrollate.
Grillo ieri ha fatto sentire la sua voce dal blog per contestare «l’inciucio a porte chiuse» dei partiti e per rispondere a una frase pronunciata dal presidente Napolitano in occasione della commemorazione di Gerardo Chiaromonte: «Certe campagne che si vorrebbero moralizzatrici e in realtà  si rivelano, nel loro fanatismo, negatrici e distruttive della politica». Scrive Grillo: «Con chi se la prende il presidente della Repubblica? Dopo varie riflessioni sono arrivato alla certezza che il nostro Presidente si riferisse al Movimento 5 Stelle e di questo lo ringrazio. Il M5S vuole infatti moralizzare la vita pubblica senza cedere a compromessi. Quale miglior viatico e complimento? Grazie Presidente! Le assicuro che non la deluderemo».
Ma, si fa sapere da ambienti del Quirinale, «sono del tutto impropri certi commenti». Il richiamo al fanatismo «era rivolto non a un singolo, preesistente o nuovo movimento o raggruppamento, bensì a una corrente di opinione che da tempo si esprime attraverso molteplici canali». Insomma, definire l’M5S un «bersaglio» del Presidente è del tutto «arbitrario e strumentale».
Chiuso l’incidente, resta da votare il successore di Napolitano. Tutto è pronto per le operazioni online. Oggi dalle 10 alle 21 si vota il primo turno: gli iscritti (non è dato sapere la cifra esatta), indicheranno un nome. Tra i primi dieci più votati si svolgerà  il secondo turno, il 16 aprile.
Chi vincerà  le «quirinarie»? Tenendo presente che la platea è vasta e non specialistica, i nomi più ricorrenti (Zagrebelsky ma ora anche Imposimato e Di Matteo) rischiano di essere meno votati di altri, più noti: come Milena Gabanelli ed Emma Bonino. Qualcuno tra i deputati accenna all’effetto Topolino: «Che si fa se viene votato un nome assurdo o sgradito a noi?». A quel punto interverrebbe la moral suasion dei deputati-cittadini, che farebbero conoscere le loro scelte, orientando la base. Lo stesso avverrebbe nel caso venisse indicato un candidato restio ad accettare (vedi Gino Strada, Dario Fo e Laura Boldrini). In molti però rifiutano l’idea di influenzare gli elettori: «Le indicazioni di voto per noi sono Satana», dice Alessio Villarosa. I magnifici dieci, comunque, saranno contattati tutti, per verificare la loro disponibilità . Si valuta anche l’ipotesi di ritenere valido non solo il vincente, ma la rosa dei primi tre. Tra i nomi emergenti, l’oncologa Patrizia Gentilini e Umberto Rapetto, già  generale della Guardia di Finanza e consulente Telecom. Ma c’è chi, come Walter Rizzetto, dopo aver indicato come suo candidato Gino Strada, spiega all’Huffington Post che «una soluzione politica potrebbe essere Pietro Grasso». Insomma, se alla quarta votazione, la decisiva, il Pd proponesse questo nome, si potrebbe riproporre la spaccatura che si è già  verificata qualche settimana fa. Anche per questo, nonostante le smentite, alla fine è difficile che si insista sul candidato di bandiera: più probabile che l’assemblea voti su quale direzione prendere e se lasciare o meno libertà  di coscienza.
Oggi intanto si autoconvocano i membri a 5 Stelle delle Commissioni, ancora non formate, nonostante le proteste e l’occupazione di martedì. I deputati hanno scritto agli altri gruppi «tentando» i deputati di altri partiti a partecipare. E per rispondere alla polemica sui doppi incarichi, che considera «strumentale», Nichi Vendola ha annunciato le sue dimissioni da deputato, per restare presidente della Puglia.
Alessandra Mussolini contesta il surplus di spese per «l’happy hour», ovvero per l’occupazione. Il questore M5S Laura Bottici spiega che i senatori pagheranno di tasca loro il costo supplementare di elettricità  e aria condizionata. A proposito di tagli, in Val d’Elsa è polemica per un volantino M5S che contesta l’eccesso di spese per un Viaggio della memoria.
I parlamentari, intanto, hanno approvato lo Statuto, con una clausola che prevede la possibilità  di ingresso da deputati di altri gruppi, a patto che non abbiano la tessera di altri partiti e solo previa votazione della rete.


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