Ticket, salasso da 4,4 miliardi c’è il rischio stangata nel 2014
ROMA — La sanità pubblica costa sempre di più e chi può tende a fuggire verso le strutture private, che garantiscono tempi più rapidi e — a volte — spese più contenute. Secondo i primi dati sul 2012 (bilancio preconsuntivo) l’anno scorso gli italiani, per curarsi attraverso il Servizio sanitario nazionale, hanno speso
di tasca loro poco meno di 4 miliardi e mezzo di euro. Una cifra già in crescita rispetto al 2011: guardando ai soli ambulatori e ospedali pubblici la spesa con esborso diretto dai cittadini è infatti lievitata del 13 per cento passando da 1,3 a 1,5 miliardi, cui vanno ad aggiungersi altri 2 miliardi per la farmaceutica e i 755 milioni versati per visite private in strutture convenzionate. Spese destinate ad aumentare ulteriormente.
Nel 2014, infatti — in virtù dell’ultima manovra targata Tremonti — ai cittadini sarà chiesto di partecipare ulteriormente alla spesa sanitaria attraverso nuovi ticket per altri 2 miliardi di euro. Quota «insostenibile», sia per i cittadini, che per il Servizio sanitario, ha commentato il ministro della Salute Renato Balduzzi. La patata bollente dovrà essere gestita dal prossimo governo, «ma l’allarme è lanciato da tempo — ha precisato il ministro — abbiamo lavorato per preparare una risposta». Di fatto,
prima che la situazione politica si ingarbugliasse, si discuteva su come mettere in piedi un sistema di franchigie che proteggesse i redditi più deboli, poi — anche per via degli scontri con le regioni sui tagli da effettuare — non se n’è fatto niente.
I ticket però sono rimasti lì sulla carta, e se nel frattempo le cose non cambieranno, scatteranno dal prossimo gennaio. Per Balduzzi la formula è improponibile, sia «per il forte impatto che avrebbero sugli italiani», sia perché «accelererebbero la tendenza che già esiste a rivolgersi al privato. E se è vero che chi passa al privato «non grava più sul servizio pubblico» è altrettanto vero che la fuga «rischia di mettere in forse le caratteristiche proprie del nostro sistema, l’universalità e la globalità della copertura».
Non solo, precisa Balduzzi «non è nemmeno detto che altri ticket possano concorrere all’equilibrio ». Anche guardando ai bilanci del 2012, infatti, non è facile capire quanto finora questa misura abbia contribuito alla spesa. Dal famoso superticket di 10 euro per la specialistica introdotto alla metà del 2011, pare infatti che lo scorso anno siano arrivati solo 260 milioni (166 dalle strutture pubbliche, 103 dagli ambulatori privati accreditati). Ora è vero che il calcolo risulta difficile perché molte regioni hanno messo in campo misure alternative, ma parte del mancato introito rispetto alle previsioni, è indubbiamente legato ad una fuga di pazienti verso il privato che ormai, sotto il profilo economico, comincia a diventare competitivo. Contrarie alla introduzione di nuovi ticket sono anche Cittadinanzattiva, che vi vede «un altro tassello verso lo smantellamento del servizio pubblico» e la Cgil. «Ci batteremo perché sia eliminata la possibilità che si scaricano sui cittadini altri due miliardi di costi — ha detto Vera Lamonica, segretaria confederale del sindacato — e ci batteremo anche affinchè sia rivisto il quadro del finanziamento della sanità , che in solo pochi anni ha subito un taglio di 30 miliardi ».
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