Tanti sit-in anti Professore. E scoppia la lite

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ROMA — Il militante di Fratelli d’Italia incarta e porta via la mezza mortadella avanzata. I berlusconiani riarrotolano le bandiere biancazzurre. Mentre i sostenitori di CasaPound esplodono nel coro da stadio: «Prodi-Prodi-Vaffan…». Finisce così la protesta contro la candidatura del «professore» del popolo della destra, «separato in piazza»: i berlusconiani, la destra di Storace, Fratelli d’Italia e CasaPound. Quattro ore trascorse a condividere l’obiettivo da abbattere, badando bene però a non mescolarsi con i «cugini». E a punzecchiare il drappello di sostenitori di Stefano Rodotà . Mentre anche in aula si scatenava la bagarre per le t-shirt indossate dalle senatrici pdl Alessandra Mussolini e Simona Vicari dalla scritta: «Il diavolo veste Prodi» e «No questo no». Inutili i richiami della presidente della Camera, Laura Boldrini. «Sono entrata in aula in maniera carina — faceva spallucce la Mussolini — la Boldrini ha detto che era una vergogna. Ho risposto: “La vergogna è quello che state facendo voi, che vi state acchiappando tutto: Camera, Senato e Quirinale”. Lei mi ha richiamata all’ordine. E mi richiami all’ordine, ho detto, tanto sono senatrice e siamo alla Camera dei deputati, saluti…». Ma invece ora potrebbe incorrere in una sanzione disciplinare dell’ufficio di presidenza della Camera, competente per le sedute congiunte, che si occuperà  della cosa.
Che la partita si sarebbe chiusa così facilmente, con Prodi impallinato dal fuoco amico, non se l’aspettavano i manifestanti quando intorno all’ora di pranzo si sono schierati di fronte a Montecitorio. Sulla destra i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto. Con tanto di mortadellone affettato e mangiato sul posto da Domenico Gramazio. Bis del gesto compiuto al Senato il 24 gennaio 2008 quando cadde il governo di Prodi, soprannominato a destra «il Mortadella». Accanto a un cartellone con su scritto: «Noi la Mortadella non la digeriamo».
Sull’estrema destra della piazza intanto i giovani del Pdl scandivano slogan tipo «Noi Romano non lo vogliamo» e sventolavano bandiere. Lasciando stretti, nel mezzo delle due anime del centrodestra, i sostenitori di Stefano Rodotà , portati in piazza da Giancarlo Mascia, ex verde e animatore del popolo viola, con cartelli come: «Keep calm e vota Rodotà » o «Se sei per la legalità  vota Rodotà ». Ultimi e schierati dietro, a cancelletto, i militanti di CasaPound: in t-shirt nera e slogan bellicosi. In una promiscuità  politica che non ha tardato a dare problemi di convivenza.
Nel settore Fratelli d’Italia, davanti al banchetto della mortadella, hanno sfilato Giorgia Meloni e Ignazio La Russa. E nella parte pidiellina della piazza si è fatta vedere gran parte del quartier generale del sindaco Gianni Alemanno. CasaPound ne aveva anche per loro. Con sfottò sonori tipo: «Prodi no, Marini sì, lasciate il centrodestra e venite qui».
Ci sono stati spintoni e si sono sfiorati gli schiaffi per un cartello: «Trogloditi della giungla per voi l’Italia è un bunga bunga». E c’è voluto un niente perché all’Inno d’Italia, intonato dal Fdi, si passasse a Bella ciao, cantato dai filo-Rodotà , a raffiche di fischi, via via fino allo slogan «La Repubblica è sociale» di CasaPound e la replica dei viola: «Noi i fascisti non li vogliamo». In un crescendo di tensione stemperata alla fine dall’unica notizia attesa all’unanimità : «Prodi non ha raggiunto il quorum». Gridata al megafono dai ragazzi di CasaPound, ma salutata con cauto entusiasmo: «Vedrete che ora i grillini che hanno appoggiato Rodotà  convergeranno su Prodi e lo faranno eleggere». Ma non è stato così.


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