Rodotà  in corsa fino all’ultimo Poi si «smarca» dalla piazza

by Sergio Segio | 21 Aprile 2013 6:32

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ROMA — Trascorrono diverse ore tra l’allarme golpe lanciato da Beppe Grillo su twitter — «#tuttiaRoma, c’è un golpe in atto, il sito è sotto attacco» — e la frenata del candidato a 5 stelle Stefano Rodotà  che solo alle 18.30, a elezione già  avvenuta di Giorgio Napolitano, risponde con parole chiare a chi lo interroga: «Io sono contrario a qualsiasi marcia su Roma, sono sempre stato convinto che le decisioni parlamentari possano e debbano essere discusse e criticate anche duramente ma partendo dal presupposto che si muovono nell’ambito della legalità  democratica e costituzionale». Poi, cedendo alla tensione dopo giorni passati in trincea, il giurista ottantenne, che infiamma gli animi dei grillini e della sinistra radicale, fa un personalissimo bilancio di questa corsa per il Quirinale compiuta fino all’ultimo miglio: «Oggi c’è una vicenda faticosa difficile che si è conclusa e, come in tutte le vicende, è legittimo discutere in democrazia, anzi occorre partire dalla premessa che sono vicende cui va riconosciuta legittimità  democratica». E si fanno dunque le 8 della sera quando Rodotà  â€” che ha incassato 217 voti: M5S, Sel e qualche cane sciolto del Pd — rende finalmente un doveroso omaggio al capo dello Stato: «Diamo un saluto al rinnovato presidente della Repubblica».
Rodotà  parla a Bari — l’ultima tappa del suo tour di conferenze — a centinaia di chilometri da piazza Montecitorio dove i fan grillini lo invocano a gran voce ed espongono il suo nome sui cartelli: «Ci siamo rotti il c…/Napolitano non è il nostro presidente/Tutti a casaaa….», scandiscono i manifestanti nel nome del giurista calabrese. I parlamentari grillini escono in fila dalla Camera e dicono di voler calmare la «piazza ferita» ma per tutto il pomeriggio usano i toni forti che poco hanno a che fare con il lessico e gli argomenti usati dal professore: «Vado a vomitare fuori», dice la deputata Laura Castelli che ritiene la mancata elezione di Rodotà  il capolinea delle democrazia. Roberto Fico, che parla di ascia di guerra, aggiunge: «Dopo l’accordo su Napolitano i parlamentari che lo votano devono essere cacciati a calci nel c… dal palazzo».
Così, in questo clima di euforia pseudo rivoluzionaria che anima i grillini, il professore ringrazia per il calore dimostrato: «Ringrazio tutti quelli che pensano a me e sono contento che il mio nome parli alla sinistra italiana». E infatti, alle 15, quando ancora non era cominciata la chiama per il sesto scrutinio, Rodotà  risponde così alle domande del Corriere: «Sì, ho saputo della decisione di Napolitano e mi sembra che la storia si sia conclusa… Ma non chiedetemi qual è la mia decisione perché qui ogni decisione la prenderanno i 1007 grandi elettori chiamati a eleggere il capo dello Stato…».
Poi scoppia il caso del presunto golpe denunciato da Grillo ma Rodotà  aspetta ancora per prendere le distanze. Una volta giunto a Bari, nel corridoio di un albergo, sfugge a una giornalista televisiva che gli pone la domanda: «Condivide questa marcia su Roma?». E lui fila via con le labbra cucite.
L’ultimo atto di difesa della candidatura di Rodotà  da parte dei parlamentari grillini si consuma in mezzo al Transatlantico dove Alfonso Bonafede (M5S) difende a spada tratta l’icona anti-casta intestata dal M5S al professore. Si avvicina Enzo Lattuca, il più giovane deputato del Pd, che è molto preparato in materia: «Chi, il professor Rodotà ? Ma lo sapete cosa faceva Rodotà  nel 1992? Era il vice presidente della Camera e il presidente del Pds che si dimise in polemica con il partito perché alla fine fu scelto Giorgio Napolitano per la presidenza di Montecitorio». I grillini annotano, registrano il dato storico, ma non indietreggiano anche quando il confronto tra il deputato romagnolo del Pd e i colleghi 5 stelle si fa serio: «Oggi Rodotà  è stato bruciato da Napolitano come nel 1992». Allora, per scegliere il presidente della Camera, furono 360 i voti favorevoli all’attuale capo dello Stato e 61 quelli per il professore calabrese la cui ascesa allo scranno più alto di Montecitorio, va detto, fu bloccata soprattutto da un veto dei socialisti.
Quando è ormai sera inoltrata e piccoli cortei percorrono le strade di Roma e di Genova invocando Rodotà , il professore conclude la conferenza a Bari parlando di Internet: «La rete è piena di padroni del mondo che si chiamano Google, Facebook, Amazon che sono poteri antidemocratici…».

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