Resta un gruppo di 7 incompatibili
«La passerella piace a tutti» ironizza Felice Casson, presidente della Giunta provvisoria del Senato, «del resto chi non ha formalizzato l’opzione è chiaro che intende dimettersi da parlamentare, ma vuole farlo solo dopo l’elezione del Presidente». Al netto di chi ha solo bisogno di espletare le ultime formalità , è vero. C’è chi si arrocca nella posizione di incompatibile e contento. Come i senatori lombardi Massimo Garavaglia (Lega) e il berlusconiano Mario Mantovani. «Ma che problema c’è? Le dimissioni sarebbero anche inutili — spiegava ieri, Garavaglia, senatore e consigliere della giunta Maroni — perché tanto non ci sarebbe più nemmeno il tempo per far subentrare i cosiddetti surrogati». Ovvero i non eletti che seguono in lista il parlamentare dimissionario.
L’appello di Grasso, tuttavia, ha avuto un grande successo. Ieri la gran parte degli incompatibili si sono precipitati a depositare nelle Giunte la dichiarazione che formalizzava la scelta fatta.
«Gli ultimi capisaldi cominciano a cadere» diceva, divertito, nel pomeriggio Pino Pisicchio, presidente della Giunta della Camera. Mentre, uno ad uno, si scioglievano i dubbi. Le cifre erano state date alla capigruppo: delle 32 posizioni incompatibili tre si erano risolte con le dimissioni da deputato (Nichi Vendola, Roberto Cota e Massimiliano Smeriglio), 14 con le dimissioni da consigliere regionale, 10 avevano attivato analoga procedura. Nelle ore successive gli incompatibili che non davano notizie certe sull’opzione alla Giunta erano rimasti in tre: Bruno Censore (Pd), consigliere regionale in Calabria; Marcello Taglialatela (Fratelli d’Italia), assessore regionale in Campania e l’ultimo arrivato, Arcangelo Sannicandro (Sel), nominato però tra i «surrogati» solo da un giorno. Quattro gli irriducibili del Senato: oltre ai due lombardi anche Giovanni Bilardi, consigliere regionale calabrese del Gal (Grandi autonomie e Libertà ) è la pdl abruzzese Federica Chiavaroli. A meno di resipiscenze dell’ultima ora.
Related Articles
Le telefonate che accusano il ministro Romano
“Era al servizio di una lobby d’affari mafiosa” E il prestanome di Ciancimino gli ordinò: devi far cambiare quella legge. Se vuoi io posso venire anche prima a casa tua, a questo punto pure alle quattro. Avrò le carte intorno all’una e mezza. Ti chiamo appena sono in possesso del materiale, va bene? Per quell’emendamento fai una cosa, mandami un fax al numero di Roma
«Monti rischia, il Nord lo farà fuori»
Bossi attacca. Poi corregge: volevo dire che non è amato perché ci porta i mafiosi
Acqua sul fuoco da servizi e investigatori “Nessuna ripresa della propaganda armata”