by Sergio Segio | 18 Aprile 2013 12:45
Roma – Si è conlcluso l’esame per 37 mila domande di emersione dei lavoratori stranieri su 137 mila arrivate: 23 mila sono state approvate e 13 mila rigettate (una su tre). Sono i dati forniti nella riunione di ieri che si è svolta presso il ministero per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione. Ne dà notizia la Uil immigrazione che scrive in una nota: “A distanza di sei mesi dalla regolarizzazione i dati forniti dal Viminale (alla data del 9 aprile 2013) appaiono non certo entusiasmanti: su 134.747 domande presentate, ne sono state lavorate 82.190, così suddivise: 23.255 definite con la firma del contratto di soggiorno e la richiesta di permesso; altri 10.817 già convocati; 9.746 in fase di richiesta di integrazione documentale; 13.417 rigettate; 183 rinunce; 24.772 valutate positivamente dalla Dtl e calendarizzate per la convocazione in questura”.
Nel corso dell’incontro, la Uil “ha fatto notare che su 37 mila domande concluse, ben un terzo sono state rigettate. Da un’analisi dei dati dello stesso Viminale si è appurato inoltre che il 90 per cento dei rigetti è dovuto all’impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011. Dunque non irregolarità documentali o assenza del posto di lavoro, ma solo una norma restrittiva imposta nella procedura. Vanno poi considerati gli alti costi della regolarizzazione per molti settori di lavoro, che hanno spostato un eccesso di domande sul settore del lavoro domestico (il meno caro). Inoltre: i lacci e laccioli con cui la procedura è stata cosparsa, sono purtroppo serviti a rendere meno efficace l’emersione e più convenienti gli affari dei molti trafficanti di permessi”.
“Quadro confermato dal direttore per l’Immigrazione Natale Forlani che ha dipinto a tinte fosche la situazione migratoria in Italia: centinaia di migliaia di stranieri senza lavoro, aumento della irregolarità , aumento della inattività , moltissimi che se possono abbandonano l’Italia e grandi affari per gli speculatori della regolarizzazione”. “Nel 2000 – ha detto Forlani – la domanda di lavoro straniero era comunque superiore all’offerta e questo permetteva – malgrado i difetti del meccanismo del decreto flussi o delle regolarizzazione – l’emersione di posti di lavoro veri. Oggi il lavoro non c’è e queste regolarizzazioni fanno emergere molto poco. Servono invece agli affari lucrativi dei ben organizzati professionisti dei permessi”.
A dimostrazione dell’analisi, il Direttore per l’Immigrazione conferma che dall’esame delle domande approvate ed un loro monitoraggio ex-post risulta che i contratti di lavoro emersi durano in genere solo poche settimane. Un fenomeno, secondo Forlani, che riguarda anche lo strumento dei decreti flussi, diventato ormai uno strumento inutile al fine dell’incontro tra offerta di lavoro etnico e domanda che non c’è. Ma un espediente molto lucrativo purtroppo per chi utilizza queste scadenze invece per una sorta di riffa dei permessi a prezzi esorbitanti. “La crisi colpisce duramente anche gli stranieri”, ha concluso il dirigente del Ministero del Lavoro, per questo non bisogna pensare a nuovi decreti flussi, ma a tutelare gli immigrati che vivono già in Italia.
Nel suo intervento, Casucci (Uil) ha concordato sulla necessità di un’analisi più profonda della situazione migratoria e della sua evoluzione in Italia. “Quello che sembra certo – ha detto – è che sia finita la fase in cui c’era un mercato del lavoro attivo per gli immigrati (regolare o sommerso), anche a fronte di una situazione di scarsa crescita. Oggi anche quel lavoro viene a mancare: da qui l’incapacità del decreto flussi (o della regolarizzazione) a far emergere permessi di lavoro vero”. “Se è vero quanto affermato da Forlani però – ha aggiunto l’esponente Uil – condire la sanatoria di tante strettoie è solo servito a far alzare i prezzi del mercato dei permessi. Ora va trovata una via d’uscita per chi viene escluso senza colpa”. Nel corso della riunione ci si è posti dunque il problema di salvaguardare quegli stranieri la cui procedura di emersione è fallita, senza una loro responsabilità . In questo senso si è chiesta una maggiore tolleranza da parte delle strutture di controllo e la concessione di permessi per ricerca di lavoro.
“Si è anche ribadito da parte sindacale, la necessità di politiche attive occupazionali per chi è già in Italia e perde il lavoro, mentre si è convenuto sulla inutilità (e forse dannosità ) dell’uso a pioggia del decreto flussi, tranne per le quote obbligatorie (studio/lavoro, mobilità europea, discendenti di italiani, tirocini e formazione, ecc.). Uno strumento che andrà comunque sostanzialmente rivisto per il futuro. Nel corso dell’incontro è stato ribadito da parte dei Ministeri interessati che c’è la massima disponibilità ad aiutare nella concessione del permesso per emersione, tranne nei casi di violazione della legge. In effetti, in molti casi di rigetto avrebbero suggerito a questure e prefetture la concessione ad personam di permessi per ricerca di occupazione”.
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