Reddito minimo, quanto costa e come si potrebbe fare
(…) I dati di varie ricerche (Bin- Italia, Caritas, Istat) dicono che il reddito minimo costa dai 6 ai 18 miliardi di euro all’anno. Sottraendo da queste stime quanto viene oggi speso in misure di integrazione del reddito, l’impegno effettivo di spesa sarebbe pari a 5 miliardi circa per garantire un reddito minimo pari a 7.200 euro annui (600 euro al mese). Sono numerose le proposte sulle possibili vie di finanziamento. Come ha sostenuto la Campagna Sbilanciamoci!, l’introduzione di una patrimoniale dello 0,5% sui patrimoni superiori ai 500.000 euro porterebbe a un incasso di 10,5 miliardi di euro. Mediante la tassazione di tutte le rendite finanziarie al 23% (livello standard europeo) si potrebbe ottenere un introito fiscale di circa 2 miliardi di euro.
Sul fronte della spesa pubblica, sono 5 i miliardi che si riuscirebbero a risparmiare con una riduzione della spesa militare. Se non vogliamo allontanarci dai temi sociali, le risorse potrebbero essere reperite tagliando frazioni di erogazioni assistenziali. Si tratta di quella parte della spesa con un’efficacia distributiva inadeguata in quanto indirizzata a soggetti il cui reddito risulta ben superiore alla soglia del rischio di povertà . Azzerando, ad esempio, la spesa pubblica per pensioni e assegni sociali alle persone che hanno un reddito superiore alla mediana, si liberebbero risorse per quasi 2 miliardi di euro. A questo si potrebbe aggiungere il 34% della spesa per assegni al nucleo familiare che viene percepita dalla metà più ricca della popolazione. Si recupererebbero così altri due miliardi. Se applichiamo infine la stessa metodologia alle integrazioni al minimo otteniamo risorse aggiuntive per un ammontare di 3 miliardi di euro.
Complessivamente siamo a 6 miliardi di euro. Sebbene stime dettagliate sul costo del reddito minimo richiedano analisi approfondite e aggiornate, l’introduzione di uno schema di reddito minimo appare oggi del tutto fattibile dal punto di vista finanziario. Il vero problema resta la mancanza di volontà politica. Quando, nel 2003, venne cancellato il Reddito minimo d’inserimento, il progetto venne criticato in quanto utopico e incompatibile con un’economia di mercato. Al contrario, la sperimentazione del 1998, con le opportune modifiche per una sua generalizzazione, mostrano la fattibilità di una sua introduzione. Fattibile, ma soprattutto urgente per tutto ciò a cui stiamo assistendo oggi: crisi dell’economia reale, impoverimento del lavoro, fragilità economico-sociale delle famiglie, lacune spaventose del sistema di welfare, disuguaglianze crescenti.
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