Prodi non passa, «tiene» Rodotà  Tornano in ballo Amato e Cancellieri

by Sergio Segio | 20 Aprile 2013 6:40

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ROMA — La carica di 101 franchi tiratori abbatte Romano Prodi, candidato per acclamazione dall’assemblea dei gruppi del Pd, come possibile successore di Giorgio Napolitano al Quirinale, bloccandolo a 395 voti pur avendone a disposizione sulla carta 496, cioè quelli del Pd e di Sel. Ora il Professore ritira la propria disponibilità  dopo che il suo nome è stato bruciato nel quarto scrutinio, quello a partire dal quale il quorum diventa la metà  più uno dei votanti, ovvero 504 tra senatori deputati e delegati regionali. A ritenere non più proponibile («semplicemente non c’è più») la candidatura di Prodi è il sindaco di Firenze Matteo Renzi mentre il gruppo dirigente del Pd, Pier Luigi Bersani, Enrico Letta, Dario Franceschini, Anna Finocchiaro e i capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda, si incontra per discutere sul da farsi. Prodi pretende le dimissioni di Bersani e il segretario le offre al partito congelandole a dopo l’elezione del capo dello Stato. Il lavorio in queste ore che separano dalla quinta votazione prevista per le 10 di oggi (e nella quale il Pd voterà  scheda bianca per evitare un altro incidente come quello occorso a Prodi) si fa molto intenso. Tutti cercano un modo per superare lo stallo dovuto alla caduta di due figure come Franco Marini e il Professore. Il primo espresso da una maggioranza allargata al centrodestra, preludio ad una grande coalizione. Il secondo, invece, scelto per ricompattare il Pd.
In questo quadro in forte movimento si inseriscono gli incontri promossi da Mario Monti — ieri sera ha visto Silvio Berlusconi e i capigruppi del Pdl e oggi vedrà  Bersani — per promuovere la candidatura dell’attuale ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri. Piace ma rispetto ad altri come per esempio Giuliano Amato può vantare una minore esperienza internazionale. Amato, insomma, sarebbe tornato in campo e su di lui punterebbe il Pdl, ma non convincerebbe il Pd. «Se ci sarà  un candidato idoneo per un governo condiviso daremo il nostro voto, altrimenti non parteciperemo alla votazione», avverte Berlusconi. Ci sono poi indiscrezioni in base alle quali, qualora non si riuscisse a trovare un’intesa, il Cavaliere e i suoi potrebbero come, extrema ratio, suggerire la conferma di Napolitano, benché sia nota la contrarietà  dell’attuale inquilino del Quirinale. Per questo motivo viene sussurrata in forma ufficiosa.
Che qualcosa potesse andare storto benché i grandi elettori del Pd avessero acclamato il Professore lo si desume da una nota della «velina rossa», redatta da Pasquale Laurito, da sempre considerato vicino a Massimo D’Alema. Laurito scrive, a proposito della designazione di Prodi, che provocherà  una spaccatura nel Paese e che porterà  diritto alle elezioni. E, cosa davvero insolita, Laurito se ne esce poi con una constatazione (diciamo così) curiosa: «Meno male che Silvio c’è, e Silvio ci sarà ».
Questa giornata di passione comincia alle 10, quando, al terzo scrutinio Pd, Pdl e Lega nord fanno sapere, con motivazioni diverse, che voteranno scheda bianca. Il Pd giustifica tale scelta con l’esigenza di non fare correre dei rischi al Professore perché servono ancora i due terzi dei 1007 grandi elettori, cioè 672, gli altri perché non vogliono scoprire le loro carte. Scelta civica annuncia che scaricherà  i propri voti sul ministro dell’Interno Cancellieri. «Prodi è un buon candidato — è la spiegazione di Monti — ma il modo in cui è stato presentato viene percepito divisivo». Il Movimento 5 stelle punta ancora sul giurista Stefano Rodotà , che riceve i due capigruppo Vito Crimi e Roberta Lombardi. «Il professore non rinuncia», garantiscono i due al termine dell’incontro mentre Beppe Grillo tronca ogni voce su possibili cambiamenti. «Nessuno nel Movimento si è mai sognato di votare Prodi e non se lo sognerà  nemmeno in futuro il nostro presidente è Rodotà ». Lo spoglio consegna ancora un nulla di fatto. Le schede bianche sono 465 mentre quelle per Rodotà  sono 250. Si rende così necessario un altro scrutinio, il quarto nel quale il quorum si abbassa ed è sufficiente raggiungere la maggioranza assoluta, ovvero 504 su 1007 voti. Silvio Berlusconi riunisce i suoi, appare molto irritato per la scelta fatta dal Pd di puntare su Prodi: «Bersani è venuto meno alla parola data, barattando l’unità  del partito con la pacificazione nazionale». Per segnalare il proprio dissenso viene deciso, d’intesa con il gruppo della Lega nord e di tutti gli altri del centrodestra, di non partecipare alla votazione e di manifestare davanti al Palazzo di Montecitorio. Scelta civica punta sulla Cancellieri e i grillini confermano la loro preferenza per Rodotà . Con l’avanzare dello spoglio quella che era una brutta sensazione si trasforma in un vero e proprio shock per il centrosinistra. Prodi si ferma a quota 395, ben 101 voti in meno rispetto ai 496 sui quali poteva contare, sommando quelli di Pd e Sel. Rodotà  scende a 213, guadagnando 51 consensi in più rispetto a quelli dei Cinque stelle. La Cancellieri raccoglie 78 voti, 8 in più rispetto al numero di propri grandi elettori, mentre altre 15 preferenze sono andate a D’Alema e 3 a Marini.
Oggi alle 10 nuovo appuntamento con il voto.

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