Portogallo: Dall’austerity alle riforme

by Sergio Segio | 8 Aprile 2013 16:22

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Nessuna dimissione, nessuna elezione anticipata, nessun aumento delle imposte. Bene, allora si taglieranno le spese. Il presidente della repubblica dà  il suo appoggio. E la corte costituzionale apre le porte all’uguaglianza definitiva fra i lavoratori statali e privati. In fin dei conti che cosa avrebbe potuto pretendere di più il primo ministro Passos Coelho per fare quello che ha sempre voluto fare?

Passos Coelho ha imparato la lezione e ha saputo gestire la reazione. Ha drammatizzato i toni dando la colpa alla corte costituzionale. E si prepara ad approfittare delle finestre che si sono aperte accanto alla porta che si è chiusa. Si tratta di un gioco di prestigio politico. Una possibilità  per lo stato di adottare una politica del tutto inedita.

Passos Coelho ha voluto che il programma di aggiustamento fosse la strada per riformare lo stato e creare le istituzioni di una società  più moderna, in una cultura di concorrenza e in un’economia di uguaglianza di diritti e di possibilità . Ma non ci è riuscito perché non ha mai cercato di farlo, invece di andare avanti si è limitato ad aspettare il ritorno del mercato.

Ancora non sappiamo che cosa vuole il governo in materia di riforma dello stato. Sappiamo che si dovranno tagliare le spese, ma l’obiettivo di ridurle di 2,5 miliardi di euro nel 2014 per un totale di cinque miliardi entro il 2015 è diventato politicamente e socialmente impossibile. Il governo ci sarebbe riuscito senza il suo fallimento davanti alla corte costituzionale?

Il paese non vuole altre tasse e non vuole neppure dei tagli alla spesa pubblica, perché ha capito che questo significherà  dei tagli agli stipendi e alle pensioni. Ma questa è la strada giusta, e lo è sempre stata. Si tratta di una strada, però, e non di un fine a sé stante. La via seguita sarà  probabilmente quella di chiudere ospedali, ridurre sussidi e sovvenzioni, licenziare professori, sopprimere imprese pubbliche. Una parte di queste misure avrebbe già  dovuto essere presa da molto tempo. Due anni dopo la domanda di intervento esterno le famiglie e le imprese si sono adattate, ma non lo stato.

Ci saranno di certo delle richieste di rendere più flessibile il deficit e rinegoziare il debito pubblico. Il rigore che si annuncia aumenterà  la povertà  attraverso i tagli alle politiche sociali e la disoccupazione attraverso il licenziamento dei funzionari statali. Tanto più che la nuova politica di rigore non sostituirà  la precedente, ma vi si aggiungerà . Ma tagliare le spese dello stato rappresenta solo una parte della risposta a quello che è in gioco, e cioè la costruzione di uno stato migliore, dotato di un sistema politico non corrotto, di istituzioni più forti e capaci di vigilare su una società  che crede in un progetto.

Verso il centro

Passos Coelho non ha più alternative. Ma ci dobbiamo chiedere se questa decisione della Corte costituzionale e le dimissioni di Miguel Relvas dal governo rappresentano un cambiamento parziale o radicale della situazione.

Ed è qui che entra in gioco il Partito socialista, il principale partito di opposizione, che il 3 aprile ha presentato una mozione di sfiducia contro il governo. Il paese è politicamente bloccato: la destra da un lato, la sinistra dall’altro, il centro temporaneamente vuoto. I ponti sono stati fatti saltare. Se questa rottura continua, il governo, che non è caduto il 7 aprile, non arriverà  al 15 ottobre. Con il bilancio del 2014 il deficit difficilmente potrà  piegarsi senza spezzarsi. Il paese non potrà  riformarsi senza che la sinistra e la destra si spostino verso il centro e finché Passos Coelho e Seguro [il leader del Ps] non faranno nulla per ridurre la distanza che li divide.

Traduzione di Andrea De Ritis

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