by Sergio Segio | 18 Aprile 2013 7:43
ROMA — La bufera che c’è sul suo nome nel Pd non lo turba. Il «lupo marsicano» è sereno, assicura chi ha parlato con Franco Marini ieri sera, alla vigilia della prima giornata di votazioni per il nuovo presidente della Repubblica. Il sangue freddo, del resto, lo ha sempre contraddistinto. Se c’è la regola che i grandi sindacalisti in politica falliscono, bene Marini rappresenta l’eccezione. Per lui essere stato leader indiscusso della Cisl, dal 1985 al 1991, è stato un trampolino di lancio. Nell’aprile ’91, qualche settimana dopo la morte di Carlo Donat Cattin ne eredita la corrente di Forze nuove nella Democrazia cristiana e anche l’incarico di ministro del Lavoro, a 58 anni. Poi nel ’97 diventa segretario del Partito popolare, il nuovo nome della Dc, transita quindi nella Margherita, ultima trasformazione della Balena bianca per approdare infine nel 2007 al Pd, fusione della stessa Margherita con i Ds, a loro volta eredi del partito comunista. Ma lui già dal 29 aprile del 2006 è presidente del Senato, eletto con 156 voti, appena nove in più di quelli andati a Giulio Andreotti, che allora, come ricorda Massimo Franco nella biografia del senatore a vita, si era permesso di dire: «In fondo Marini può attendere: è appena arrivato». Sbagliò le previsioni e con lui tutto il centrodestra che cercò attraverso il divo Giulio di scardinare la fragilissima maggioranza di centrosinistra capeggiata da Romano Prodi.
Uno scenario per certi versi analogo a quello attuale. Anche se questa volta la scelta del «lupo marsicano» — soprannome affibbiato a Marini per via dei natali a San Pio delle Camere, in Abruzzo — nasce, almeno nelle intenzioni, allo scopo di unire i due schieramenti, che hanno imparato ad apprezzare le doti di equilibrio e imparzialità di Marini presidente del Senato. Oggi, i suoi 80 anni compiuti da poco e i capelli bianchi gli danno ancora di più un’aria da saggio sulla quale lui stesso ha sempre giocato, con quel vezzo della pipa stretta fra i denti, più spesso spenta che accesa.
Se diventerà presidente della Repubblica, per certi versi ricorderà un altro grande vecchio, Sandro Pertini: per la pipa appunto; lo stile montanaro, a tratti burbero; le giacche a quadretti; le partite a carte; la capacità di confondersi con la gente comune. Non solo perché primo di sei figli di una famiglia operaia (il padre Loreto emigrò in Argentina), poi sottotenente degli alpini e infine sindacalista per buona parte della vita, ma anche perché, raccontano i suoi ex colleghi cislini, si è distinto per una certa sobrietà . Gran lavoratore e vacanze in montagna o alla casa al mare, all’isola del Giglio, dove con alcuni amici e con la moglie Luisa, scomparsa un anno fa, si immergeva per pescare. Una fama di sobrietà macchiata nel 2007 da una nuova puntata dello scandalo Affittopoli, che lo fece finire sui giornali per l’appartamento dell’Inps ai Parioli, zona di lusso di Roma, dove è stato prima in affitto per una ventina d’anni e che poi ha comprato. Si difese aprendo la porta di casa ai giornalisti per sostenere che non si trattava della reggia che era stata dipinta, e lamentandosi del fatto che aveva dovuto comprare a prezzi di mercato, come appartamento di pregio. «Un milione di euro per un piano rialzato e uno scantinato vi sembrano pochi? Sono indignato, anzi no… sono proprio incazzato», si lasciò sfuggire in un’intervista a Repubblica. Uno dei rari momenti in cui qualcuno lo ha visto pronto a saltare alla gola, come il lupo appunto. Ma Marini non è un animale da scatti. È un passista. Un abruzzese testardo, che riesce a raggiungere tutti i suoi obiettivi come un sapiente campione di scacchi. «Sarà presidente della Repubblica — dice l’attuale leader della Cisl, Raffaele Bonanni — perché ha concepito la politica come l’arte dell’accordo». Un mediatore nato, che sembra vincere le sue battaglie senza combattere. «Marini uccide col silenziatore», dicevano nella Dc. Come fece con Sbardella, detto «lo squalo», dominus delle tessere a Roma, che Marini surclassò con oltre 200 mila preferenze. Sergio D’Antoni, suo delfino alla Cisl, per festeggiare scomodò Folco Quilici per regalargli una bocca originale di squalo bianco. Chissà se, in caso di elezione, se la porterà dietro.
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2013/04/pipa-spenta-e-mediazioni-il-llupo-marsicanor-dalla-cisl-alla-politica/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.