Piovono pietre sul campo rom

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MILANO. Maria è seduta sul marciapiede davanti al bar. Sta mangiando una brioche alla crema che o fa schifo o Maria deve avere un groppo in gola. È successo qualcosa. «Sono arrivati quei fascisti, quei razzisti». Maria ha trent’anni, da dieci cerca di rimediare qualche euro all’angolo di via Nava, sempre dall’altra parte della città  rispetto ai campi dove vive. Ne ha girati parecchi, oggi sta in via Dione Cassio (viale Ungheria), dove l’altro giorno sono arrivati i fascisti e i razzisti. Maria non è rom, è rumena (ci tiene a dirlo). Ha paura, anche se la polizia protegge il campo giorno e notte. «Ci hanno detto di non andare a fare la spesa da soli perché è pericoloso e che in questi giorni è meglio non portare i bambini alla scuola».
La polizia c’era pure prima, ma ha lasciato fare anche se la manifestazione non era autorizzata. Del resto non si possono autorizzare cortei che finiscono con il saluto romano e «gli zingari li bruciamo». Dovrebbero saperlo, questura e prefettura. Poi qualcuno ci prende gusto e finisce che la notte arrivano le automobili con i fari sparati sul campo e le bottiglie incendiarie agitate fuori dai finestrini. Per mettere ancora più paura. La Fiamma Tricolore ha organizzato la spedizione, poi duecento abitanti «esasperati» del quartiere hanno fatto il resto. Ragazzini e ragazzine, vecchi e nipotini.
I rom l’altro giorno se la sono cavata con una sassaiola, proprio mentre nel campo c’era l’assessore alla sicurezza del Comune di Milano, Marco Granelli. Due sono stati colpiti alla testa, sangue, urla e ambulanze di corsa all’ospedale. L’assessore era lì perché quel campo sarà  sgomberato a fine mese. I rom verranno trasferiti in un nuovo centro di accoglienza temporanea in via Lombroso, proprio dove ieri la destra in doppiopetto (Fratelli d’Italia) ha cominciato a portarsi avanti con un presidio. Già  si capisce come finirà .
Per Luciano Muhlbauer (Prc) l’attacco al campo di via Dione Cassio potrebbe segnare il ritorno della politica della caccia al rom. «Guai a sottovalutare quello che succede, perché in realtà  è iniziata la campagna politica delle destre ringalluzzite dopo la vittoria alle regionali, per riprendersi anche Milano tra qualche anno. E faranno campagna a modo loro, con i loro mezzi, quelli di sempre. Quello che però non è uguale a prima, quello che è cambiato, è il clima in città  e il rapporto tra città  e amministrazione». Muhlbauer si riferisce allo stato d’animo di una sinistra diffusa che ha perso entusiasmo nei confronti di «un’amministrazione che rischia di venire risucchiata dalla gestione dell’esistente». Un contesto che in tempi di crisi, con le vite già  aggredite dalla nuova povertà , potrebbe favorire le peggiori pulsioni xenofobe.
Già  nei giorni scorsi, prima della sassaiola, a Milano era esploso il caso del «piano rom» di Palazzo Marino, con un corollario di menzogne e insulti via internet indirizzati al sindaco Pisapia: «Ai milanesi alzate l’Imu, ai rom date la casa». In realtà , i soldi del piano di accoglienza (5 milioni di euro) fanno parte dei fondi stanziati da Maroni quando era ministro. Poco importa. Il razzismo non ha bisogno di prove o spiegazioni per palesarsi con i meccanismi di sempre. L’ossessione per il diverso, dicerie (l’altro giorno erano stati incolpati i rom di via Cassio per un incidente d’auto accaduto in zona), la creazione del capro espiatorio, poi i sassi e magari il fuoco. Quello che stupisce, piuttosto, è il quasi silenzio attorno a questo assalto. Dice bene il Naga, che insieme al Gruppo sostegno Forlanini non ha mai abbandonato i rom: «Siamo rimasti colpiti dalla mancanza di reazione da parte della città  e dei singoli cittadini di fronte ad aggressioni così marcatamente razziste, è evidente che la discriminazione dei rom è così radicata, è talmente dentro la cultura in cui viviamo, che non provoca alcuna reazione collettiva».


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