Pd e Pdl provano l’intesa sul Colle Lanciato Marini, è subito scontro

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ROMA — Il momento di svolta giunge intorno alle 19 quando Bersani annuncia che «la ricerca di una soluzione ampiamente condivisa è a buon punto: credo che ci siano le condizioni per avanzare una proposta ai gruppi parlamentari del Pd che si riuniranno in serata». Due ore più tardi si riuniscono i grandi elettori del Pdl, presente Berlusconi. E il nome sul quale vi sarebbe anche la convergenza di Scelta civica, quale candidato alla successione del Presidente Napolitano, è Franco Marini, già  presidente del Senato, ex ministro, cattolico del Pd, storico dirigente della Cisl. Marini era stato messo in lista in Abruzzo ma non era riuscito a farsi eleggere alle politiche del 24 e 25 febbraio. E fino a tarda sera era il più probabile a prendere il posto di Napolitano. Su di lui potrebbero scaricare i propri consensi anche la Lega nord (benché ufficiosamente sia orientata a dare la propria preferenza a Manuela Del Lago), ma non Sel (che oggi deciderà  se votare Rodotà ) e neppure la componente del Pd vicina al sindaco di Firenze. «Noi non lo votiamo. Non siamo franchi tiratori, ma ci opponiamo a questa scelta», annuncia Renzi. I maldipancia dentro il Pd aumentano nella riunione dei gruppi parlamentari. C’è grande incertezza. Marini potrebbe essere eletto già  al primo scrutinio, se convergessero su di lui almeno 400 voti del centrosinistra, i 70 centristi e i 211 del Pdl. In questo modo i sì sarebbero all’incirca 680, poco al di sopra dei 672 che costituiscono i due terzi dei votanti necessari nei primi tre scrutini. Dal quarto in poi la maggioranza diventa quella della metà  più uno, pari a 504. Tuttavia, nel corso della prima «chiama» i consensi potrebbero ridursi (mettendo così a rischio l’immediata elezione dell’ex sindacalista) se decidessero di non votarlo oltre ai renziani e ai prodiani anche i «giovani turchi» del Pd. E in serata l’assemblea dei gruppi parlamentari del Pd si conclude con 222 voti favorevoli all’elezione di Marini, 90 contrari e 21 astenuti facendo emergere quindi un diffuso dissenso. Sintetizza Casini: «C’era da aspettarselo, come ad ogni elezione del presidente della Repubblica, all’ultimo momento entrano in azione i sabotatori. Se non si trova un’intesa si va dritti alle urne».
Questo tramestio chiude una giornata convulsa, a poche ore dalla prima votazione di oggi nell’aula di Montecitorio dove saranno ospitati in seduta comune i 1007 grandi elettori. Una giornata durante la quale si sono accavallate voci e smentite. Due i tessitori della trama che ha portato all’indicazione di Marini: Bersani e Berlusconi. Il contatto risolutore tra i due avviene in tarda mattinata, come rivela la «Velina rossa» di Pasquale Laurito. Poco dopo filtrano le prime indiscrezioni che danno in pole position Amato. E giunge una voce in base alla quale Bersani avrebbe consegnato al Cavaliere una rosa di nomi e tra di essi compaiono anche quelli di D’Alema, Finocchiaro e Marini. Dal Pd giunge un smentita ufficiale mentre Grillo annuncia che sarà  Rodotà  il candidato del M5S perché la Gabanelli e Strada hanno rinunciato. Grillo invita il Pd a convergere su Rodotà  e Vendola, a sua volta, esorta «Bersani a riflettere sull’opportunità » di farlo. Intanto i grillini (e non solo: oltre 110mila i messaggi giunti in poche ore) tempestano di mail i parlamentari del Pd: «Votare Rodotà ». Poi l’annuncio, a sorpresa, dell’intesa su Marini.


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