by Sergio Segio | 20 Aprile 2013 8:37
La realizzazione del rapporto è il risultato di una complessa attività che coinvolge nelle analisi le Regioni e le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente permettendo all’Ispra di svolgere un compito di indirizzo tecnico e valutazione delle informazioni e dei dati raccolti che consentono una rappresentazione dello stato di contaminazione da pesticidi delle acque sul territorio nazionale in relazione con i limiti stabiliti dalla normativa europea e nazionale.
L’ampia disponibilità di dati, a partire dal 2003, ha consentito negli anni di analizzare l’evoluzione della contaminazione nel Belpaese che oggi certifica la possibile presenza di contaminati nelle acque campione pari alla cifra record di 23 sostanze diverse. Ma non solo. “Il 13,2% delle acque superficiali e il 7,9% di quelli delle acque sotterranee mostra livelli di tossicità per gli organismi acquatici superiori ai limiti legali” si legge nel rapporto[1]. “Nel 2010 sono stati rinvenuti residui nel 55,1% dei 1.297 punti di campionamento delle acque superficiali e nel 28,2% dei 2.324 punti di quelle sotterranee, per un totale di 166 tipologie di pesticidi differenti, a fronte dei 118 del biennio 2007-2008, individuati nella rete di controllo ambientale delle acque italiane. Si tratta, per la maggior parte, di residui di prodotti fitosanitari usati in agricoltura, solo in questo campo si utilizzano circa 350 sostanze diverse, ma anche di biocidi (pesticidi per uso non agricolo) impiegati in vari campi di attività ”.
Nelle acque superficiali i pesticidi più rilevati sono: glyphosate, Ampa, metolaclor, cloridazon, oxadiazon, Mcpa, lenacil, azossistrobina, mentre in quelle sotterranee, con frequenze generalmente più basse, le sostanze presenti in quantità maggiore sono bentazone, 2,6-diclorobenzammide, carbendazim, imidacloprid, metolaclor, metalaxil. Una rapido approfondimento magari a partire dall’incidenza degli agenti chimici sulla salute dei lavoratori in agricoltura[2] certifica la pericolosità di alcuni di questi pesticidi oltre ai quali “Come in passato, nelle acque italiane continua ad essere diffusa anche la contaminazione da erbicidi triazinici come la terbutilazina, e sono ancora largamente presenti anche sostanze fuori commercio da tempo, come l’atrazina e la simazina” ha spiegato l’Ispra[3]. Per Pietro Luciano, preside del corso di laurea in Scienze forestali e ambientali nella sede nuorese dell’Università di Sassari le sostanze “potenzialmente pericolose per l’uomo” possono manifestarsi non solo con l’esposizione diretta, ma anche in via indiretta entrando nella catena alimentare. “Il glyphosate per esempio, il principio attivo utilizzato dall’Anas per ripulire i bordi stradali dalle erbacce – ha spiegato Luciano[4] – è sicuramente tossico per pesci, invertebrati e crostacei e moderatamente tossico per api[5] e altri insetti, ma ricordiamoci che il moderatamente tossico può diventare tossico in base alla quantità di prodotto usato. In ogni caso, se anche non dovessero morire, bevendo l’acqua, le api raccolgono gli elementi inquinanti che vengono portati nell’alveare insieme al nettare e al polline, finendo quindi nel miele”. Le sostanze concepite per combattere organismi nocivi, infatti, sono potenzialmente pericolose anche per l’uomo e nonostante “il rapporto sia finalizzato al controllo e alla salvaguardia degli ecosistemi acquatici e non a quello delle acque utilizzate per scopo potabile” ha precisato l’Ispra[6] “l’uomo può essere facilmente contaminato anche attraverso la catena alimentare”.
Anche se spesso basse, per l’Ispra le attuali concentrazioni di veleni nell’acqua indicano a livello complessivo una diffusione molto ampia della contaminazione. Così anche se per l’Ispra, “l’indagine è ancora in una fase transitoria visto che il fenomeno è in evoluzione per l’immissione continua sul mercato di nuove sostanze” i dati sono allarmanti se pensiamo che, come ci ha ricordato Maria Grazia Mammuccini la portavoce del Tavolo delle associazioni ambientaliste e del biologico (che comprende Aiab[7], Associazione per l’Agricoltura Biodinamica[8], Fai[9], Firab[10], Federbio-UpBio[11], Italia Nostra[12], Legambiente[13], Lipu[14], Pro Natura-Federazione Nazionale[15], Siep[16], Slow Food Italia[17], Tci[18] e Wwf[19]) “a causa dell’assenza di dati sperimentali sugli effetti combinati delle miscele e di adeguate metodologie di valutazione, esiste la possibilità che il rischio derivante dall’esposizione ai pesticidi sia attualmente sottostimato e si impone una particolare cautela anche verso i livelli di contaminazione più bassi”.
Un monito che per il Tavolo delle associazioni ambientaliste e del biologico deve assolutamente essere preso in considerazione durante il negoziato finale per la riforma della Politica agricola comune (Pac) 2013 – 2020[20], iniziato lo scorso 11 aprile a Bruxelles. Per le associazioni che lo animano “i dati Ispra sull’emergenza pesticidi nelle acque in Italia ci dicono quanto sia indispensabile una svolta ambientale della Pac” per preservare la sicurezza alimentare, la salute dei cittadini e degli agricoltori, oltre alla qualità dell’ambiente e delle aree rurali. In Italia in particolare “la metà di fiumi, laghi e paludi sono contaminate e di queste oltre un terzo supera addirittura i limiti di legge” regalandoci il record di primo Paese in Europa per uso di pesticidi chimici di sintesi che i nostri normali sistemi di depurazione non sono in grado di risolvere, trasformando così un problema ambientale in un’emergenza sanitaria.
Per la Mammuccini[21] “Nemmeno la difficile situazione economica degli agricoltori è riuscita a invertire la tendenza all’aumento dell’utilizzo dei pesticidi e diserbanti nell’agricoltura convenzionale o cosiddetta integrata in Italia. Tutto ciò non è solo il frutto dell’aumento delle emergenze conseguenti i cambiamenti climatici[22] degli ultimi anni, ma piuttosto dell’intreccio sempre più evidente fra le organizzazioni di rappresentanza degli agricoltori, gli apparati pubblici regionali e le multinazionali[23] della chimica capaci di condizionare l’applicazione delle politiche europee e la destinazione delle risorse pubbliche che dovrebbero, invece, favorire una reale riduzione dell’uso dei pesticidi principalmente attraverso la conversione al biologico[24]” ha concluso la Mammuccini[25].
Per il Tavolo delle associazioni ambientaliste e del biologico l’emergenza pesticidi nelle acque in Italia “dovrebbe, quindi, convincere i nostri rappresentanti nel Parlamento e nel Consiglio Europeo ad assumere posizioni in grado di rappresentare prima di tutto gli interessi dei cittadini e degli agricoltori che chiedono un forte cambiamento della Pac”. Per questo è tempo di fare scelte in grado di garantire che i fondi della Pac siano spesi “solo per premiare quelle aziende agricole in grado di ridurre drasticamente o fare a meno dei pesticidi e produrre benefici per tutti”. Come? Con l’eliminazione di ogni forma inquinante, la tutela dell’ambiente[26] e della biodiversità e attraverso la produzione di cibo sano in “pesticide free zone” sempre più ampie, magari capaci di creare posti di lavoro.
Alessandro Graziadei[27]
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